Approvata una riforma buona con alcune norme discutibili e una, quella sull’incesto, inaccettabile. Pasquale Andria (Tribunale per i minorenni di Salerno): «Una norma attesa, ma alcune cose non convincono» di Agenzia SirMartedì 27 novembre la Camera ha dato il via libera definitivo al disegno di legge che eguaglia i diritti dei figli naturali a quelli dei legittimi, nati all’interno del matrimonio. Il disegno di legge è passato con 366 favorevoli, 31 contrari, 58 astenuti, senza modifiche. La riforma ha l’obiettivo di eliminare tutte le distinzioni di status tra figlio legittimo e figlio naturale. Ne parliamo con Pasquale Andria, presidente del Tribunale per i minorenni di Salerno.Presidente, come giudica la legge?
Nella misura in cui realizza un’equiparazione di trattamento giuridico tra figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio, è una legge attesa da tempo e unanimemente auspicata perché nel nostro ordinamento giuridico permanevano, pur dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, delle intollerabili disparità di trattamento assolutamente ingiustificate, soprattutto con riguardo ai vincoli di parentela, che finora non si estendevano per i figli naturali anche ai parenti del genitore che aveva effettuato il riconoscimento. Non erano, quindi, previsti per i figli naturali neanche i diritti successori nei confronti della parentela. Non c’è dubbio che si dovesse giungere a una sostanziale equiparazione di tutti i figli senza alcuna discriminazione. Da oggi in avanti non esisteranno più figli naturali e legittimi, ma figli e basta, con gli stessi diritti uguali per tutti.

Di questa legge fa discutere la norma riguardante l’incesto.
Spiace che questa legge contenga delle disposizioni molto discutibili, soprattutto in merito all’estensione della possibilità di riconoscere, in modo indiscriminato, tutti i figli nati da rapporti incestuosi. Questo non è detto che sia un bene per il figlio, soprattutto quando è minore. Sarebbe stato necessario valutare con maggiore ponderazione l’effettivo interesse del minore a vedersi riconosciuto da un padre nonno o da un padre fratello, tanto più che la legislazione attuale prevede già il riconoscimento dei figli incestuosi nel caso in cui i genitori abbiano in buona fede ignorato il rapporto di parentela. Non solo: la Corte costituzionale con la sentenza n. 294 del 2002 ha consentito la possibilità di promuovere da parte del legale rappresentante del minore o del maggiorenne la dichiarazione giudiziale di paternità naturale anche in caso d’incesto. Con la nuova norma, invece, la dichiarazione giudiziale di paternità proviene dal genitore che è protagonista dell’incesto. La legge prevede il vaglio da parte del giudice minorile che deve autorizzare il riconoscimento, ma già aver introdotto questa possibilità rende la norma molto pericolosa perché può provocare pregiudizio per il minore se non ben gestita in sede di autorizzazione. Inoltre, in qualche modo la norma può significare una specie d’indiretta legittimazione di un comportamento assolutamente riprovevole e anche sanzionato penalmente dall’art. 564 del Codice penale nel caso in cui ne derivi pubblico scandalo.

C’è anche un altro aspetto della legge che non la convince?
La legge ha impropriamente operato un trasferimento di competenza in materia civile, parziale, ma di portata piuttosto rilevante, dal giudice minorile al giudice ordinario. Concretamente, in materia di figli di genitori non sposati finora sono stati i Tribunali per i minorenni a decidere riguardo al loro affidamento quando l’unione di fatto cessa; d’ora in poi, invece, sarà il Tribunale ordinario. Questo perché i figli naturali non devono avere un giudice diverso da quello che si occupa della separazione e del divorzio, ma è una motivazione molto debole. Non solo: viene trasferita anche una serie di altre competenze tipiche del giudice minorile, come la decisione sulla potestà genitoriale quando si è in corso di separazione o divorzio. Questo appare non solo in contrasto con l’esigenza della specializzazione in questa materia, ma anche con le linee guida che il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010 ha adottato in materia, riaffermando la necessità di un giudice specializzato per le questioni inerenti i minori. Non basta: la nuova legge produce uno spacchettamento delle competenze, in attesa di una riforma complessiva di riordino delle competenze tra giudice ordinario e minorile e in vista della possibile istituzione di un unico giudice per i minori e la famiglia, di cui si discute da tempo. Anche in questa legislatura è stato presentato un disegno di legge, attualmente all’esame della Commissione giustizia del Senato, che non potrà ormai vedere l’esito essendo la legislatura alla sua conclusione, ma che indubbiamente il Parlamento ha iniziato a prendere in esame. È stato contraddittorio, quindi, anticipare un riparto di competenze senza attendere una riforma organica complessiva che sarebbe l’unica auspicabile, unificando in capo a un solo giudice specializzato tutte le materie inerenti la persona in genere, il minore e la famiglia. Adesso dobbiamo augurarci che su queste disposizioni, come su quelle riguardanti l’incesto, il futuro legislatore voglia tornare per porvi rimedio.

 

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