“Io canto le donne prevaricate dai bruti

la loro sana bellezza, la loro “non follia”

il canto di Giulia io canto riversa su un letto

la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”

il canto di Giulia aperto portava anime pesanti

la folgore di un codice umano disapprovato da Dio.

Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli

il livido delle cosce, pugni in età adolescente

la pudicizia del grembo nudato per bramosia.

Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”

la sfera di cristallo per una bocca “magata”.

Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo

canto le sue gambe esigue divaricate sul letto

simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino

ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.

Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti

buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti

e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione

di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro

la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso

canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,

canto il giovane imberbe che mi voleva salvare”.

(Tratto da “Canto delle donne” di Alda Merini)

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