Le adolescenze sono un mondo di molti vissuti, esperienze e soggettività, le più diversificate. Per me è stata una fase vissuta intensamente e, contemporaneamente, è come scivolata via anche se per piccoli aspetti forse non è mai finita, un serbatoio, un’ispirazione; per tanti amici/che è stata completamente differente….

Personalmente la ricordo come un momento dove il possibile diventava più importante di ciò che era la realtà, dei suoi limiti; un motto sintetizzabile in: “Volere è potere!”, la possibilità di fare cose che mi piacevano, che desideravo e che potevo sempre cercare di realizzare con la sicurezza che, se mi fossi impegnata abbastanza le avrei raggiunte, da sola o con i miei amici e, se proprio vi fosse stato bisogno, con l’aiuto dei mei genitori.

L’età adulta ha portato alla consapevolezza che molte cose che ho realizzato sono passate da questo spirito ma anche che la vita mette di fronte a cicli, eventi che mostrano una complessità difficile a volte da accettare, che non si può avere tutto e sempre anche se lo si desidera e ci impegna intensamente. “Se non terrai conto adeguatamente di questo aspetto”, mi diceva la mia supervisora Tullia Toscani in scuola di specialità: “i pazienti ti butteranno giù dalla sedia alla velocità della luce!”.

Certamente le adolescenze sono un periodo di transizione, sono caratterizzate da un cambiamento di pulsioni, bisogni, emozioni e come si evince da questi primi racconti lasciano distingui con cui farei conti, proprio come le nostre infanzie, agli adulti di domani; ricordo ancora una giornata alle medie in cui mi sentivo tanto grande e con la mia migliore amica andammo a trovare una compagna di classe.

Noi ascoltavamo una canzone “cool”, lei ci mostrò la casa delle bambole di Barbie con tutti gli accessori che avrei sempre desiderato. Sentii la spinta a interessarmi a quella casa che simboleggiava la bimba che era ancora in me, ma vinse la spinta a “sembrare grande” e non mi accovacciai a giocare. Quella bambina era ancora dentro di me certo, ma doveva ormai trovare altri modi di esprimersi per la mia identità in trasformazione.

Ricordo la nostalgia per quel momento di comprensione del nuovo “ruolo sociale” che avevo “scelto per me” e delle perdite che esso comportava.

Il processo di ridefinizione del proprio sé nell’adolescenza comporta proprio tale passaggio: l’adolescente “è chi non è più, ma non è ancora”. I sentimenti che ne derivano sono differenti per ogni ragazza o ragazzo.

Contemporaneamente a questi vissuti l’adolescenza è un periodo come già si intravede in premessa, caratterizzato da piccole, simboliche e grandi scelte.

Scelte nel nuovo vestiario e di immagine di sé, di revisione della propria cameretta (il film “Toy Story 3” della Disney dando voce alle paure dei giocattoli preferiti del protagonista mostra questo passaggio in modo magistrale e commovente), scelte di appartenenza a gruppi di pari piuttosto che altri, scelta di avere una unica migliore amica o cercare di creare un gruppo, scelte musicali, scelte di locali da ballo, conferma o disconferma del proprio ruolo in famiglia, in classe, con gli amici e, la più importante: scelte di indirizzo di studio, scelte che pongono le basi per il proprio futuro identitario e professionale.

Tali scelte possono basarsi sulla conoscenza di sé e sulle piccole grandi scoperte di cosa ci piace o non ci piace, di cosa ci viene semplice o complicato, scoperte di chi vorremo divenire e che cosa ci attrae, scoperte che ci sorprenderanno, ci piaceranno o ci intimidiranno oppure, potranno  essere imposte da altri come i genitori che magari pensano di indirizzarci al migliore mercato del lavoro, oppure da insegnanti o ancora, a volte possono non essere affatto scelte, ma imposizioni legate a fattori esclusivamente socio/ambientali.

Un gruppo punk rock che accompagnò la mia adolescenza era “I Paolino e Paperino Band”, nel 1993 cantavano denunciando: 

“…un’analisi acuta mi aiuta a capire,

che nascer nella m…. compromette il tuo avvenire…” (La mela)

Scelgo questo grido di denuncia perché anche oggi, l’analisi degli INVALSI che si raccolgono da anni nelle nostre scuole conferma proprio questo: la famiglia in cui si vive e il territorio di residenza sono troppo spesso profezie fortemente predittive dei risultati scolastici.

Ancora oggi e forse nel post pandemia questa tendenza sta già aumentando e aumenterà ancora, ragioni familiari, educative, socioeconomiche, territoriali, culturali vincolano il futuro e non danno scelte reali a tante ragazze e ragazzi. Tali aspetti determinano molte sfaccettature del futuro che attenderà l’adolescente.

Continua…

Licia Barrocu

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