I genitori possono contribuire a ridurre significativamente i sintomi di autismo nei figli minori di un anno semplicemente cambiando il modo di giocare e interagire con loro.

Lo rivela un piccolo studio pilota, pubblicato sul ‘The Journal of Autism and Developmental Disorders’ e riportato oggi sul ‘The Huffington Post’. L’autrice, Sally Rogers, docente di psichiatria e scienze comportamentali presso l’Università della California e il Davis Mind Institute, ha cercato di sviluppare degli strumenti utili per professionisti e genitori in modo da aiutarli ad individuare i primi sintomi del disturbo in bambini con meno di 12 mesi.

QUALI I SEGNALI DI ALLARME – I segnali di allarme che i genitori devono imparare a cogliere nei loro figli sono: “Assenza di un contatto visivo buono e rigoroso in bambini di 3 mesi, assenza di reciprocità, assenza di imitazione prima dei 6 o 7 mesi, assenza delle diverse espressioni facciali a 6 o 7 mesi e assenza di vocalizzi a 10 o 11 mesi”.

IL CAMPIONE DI STUDIO – Il trattamento ha coinvolto sette bambini tra i 7 ei 15 mesi che avevano già mostrato i primi segni di autismo: basso interesse per le interazioni e comportamenti ripetitivi anomali. Nella ricerca sono stati poi inclusi anche quattro gruppi di confronto: minori ad alto rischio di autismo avendo un fratello coinvolto nel disturbo; quelli a basso rischio; coloro che avevano sviluppato l’autismo all’età di 3 anni; e infine quelli che hanno manifestato precocemente i sintomi del disturbo e che avevano poi ricevuto il trattamento in età più avanzata.

I RISULTATI – I bambini in trattamento hanno mostrato già a 9 mesi significativi sintomi di autismo rispetto a quelli nei gruppi di confronto, “cosa non straordinaria- afferma Rogers- ma poi il punteggio riportato da questi stessi bambini dai 18 ai 36 mesi è stato sostanzialmente inferiori rispetto a quello registrato dai minori che non avevano subito il trattamento”. METODOLOGIA – Il trattamento proposto da Rogers, basato sul cosiddetto ‘Early Denver Start Model’, ha puntato ad incrementare l’attenzione dei neonati sui volti e le voci dei loro genitori e ad insegnare a questi ultimi come utilizzare i giocattoli per stimolare socialmente i loro bambini ottimizzando l’impegno in vari modi. La ricerca ha dimostrato che i papà e le mamme “di bambini con disturbo dello spettro autistico hanno eccellenti capacità genitoriali- ha affermato Rogers- tuttavia per loro non è facile ottenere un feedback”. Per questo motivo l’intervento ha mirato a rassicurarli, a farli sentire sulla giusta strada e a dotarli di strategie utili per coinvolgere i figli. “Ma devono insistere in questo lavoro e imparare a leggere i segnali sottili che il figlio dà loro” Gerard Costa, direttore del Centro per l’autismo e la prima infanzia presso il ‘Montclair State University’ ha concluso: “L’intervento precoce può fare una differenza enorme. Il cervello infantile cresce a un tasso che non ha eguali a partire dall’ultimo trimestre di gravidanza e nei primi due anni di vita. Questo studio dimostra che gli interventi più critici devono concentrarsi proprio sulle relazioni umane e sull’impegno”.

(Wel/ Dire)

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