Cedric si allunga ancora un po’ lungo la galleria. Il caldo è soffocante e quella giornata sembra non finire mai. Dodici ore di lavoro sono davvero troppe per un ragazzino di tredici anni. Estrarre il cobalto con le mani nude è un lavoro maledetto. Eppure tocca a tutta la sua famiglia, se vogliono mangiare. I suoi genitori non vedono l’ora che Patrick, il suo fratello più piccolo, compia sette anni, così potrà cominciare a lavorare anche lui. Ogni braccio in più che lavora è un cucchiaio in più di minestra. Sembra poco, ma quando si ha una fame da morire un cucchiaio in più di brodo sembra un oceano. Scuote la testa. Meglio non pensare al cibo, una voragine si è già aperta nel suo stomaco e gli sembra quasi di svenire. Sta respirando polvere da più di tre ore. Quest’aria fitta impregna i polmoni. Ci sono momenti in cui si sente venire meno. O peggio. La tentazione, a volte, è quella di addormentarsi e di non svegliarsi più. Ma ovviamente non si può. Quegli uomini senza scrupoli se la sono studiata bene la faccenda. Se qualcuno si addormenta sul lavoro, o non esegue per bene il proprio dovere, non colpiscono solo lui, ma tutta la sua famiglia. Qualche anno prima, quando aveva otto anni, si era addormentato mentre cercava di estrarre quel cobalto maledetto. Erano le due del pomeriggio, non aveva mangiato nulla e aveva finito già da un pezzo la sua razione di acqua. Non avrebbe saputo dire come fosse successo, ma i suoi occhi si erano chiusi a poco a poco, trovando conforto in sopore nel quale si era abbandonato, raggiungendo un benessere sconosciuto. Si era addormentato ed era stato risvegliato bruscamente pochi minuti dopo dal suo aguzzino, un guardiano che non faceva altro che vessarli dalla mattina alla sera. Quella distrazione gli era costata davvero cara. Aveva dovuto lavorare tre ore in più per punizione e la sua famiglia non aveva ricevuto per quel giorno né paga né razioni di cibo. Si trattava di uno strumento formidabile. Se a qualcuno veniva la voglia di darsela a gambe doveva farsela passare, perché a farne le spese sarebbe stata tutta la famiglia. Quante volte aveva sognato di fuggire. Le gambe anchilosate, la schiena distrutta, un perenne vuoto allo stomaco che non si riempiva di certo con quel fondo di piatto di brodo di verdure che gli toccava tutte le sere. Tutto questo a volte diveniva talmente insopportabile da desiderare di sparire all’istante. Poi pensava a sua madre, ai suoi fratelli, soprattutto a quello più piccolo. Immaginava per lui una sorte migliore. Gli piaceva sognare che, se avesse lavorato con tutte le sue forze, forse avrebbe potuto guadagnare anche per lui. E Patrick sarebbe stato risparmiato. Dev’essere più o meno questa la vita dei tanti bambini e ragazzi che in Congo sono costretti ad estrarre il cobalto per arricchire il portafogli di uomini senza scrupoli. Il cobalto è merce preziosa. È il componente primario delle batterie, richieste in tutto il mondo soprattutto per l’impiego delle moderne tecnologie. L’estrazione del cobalto è perciò un business redditizio, soprattutto nei Paesi, come il Congo, che non hanno alternative. E così migliaia di bambini vengono sfruttati per eseguire un lavoro massacrante che logora loro le energie e la salute, dietro la parca ricompensa di un pezzo di pane. La Commissione Europea, di recente, ha cercato di porre un limite a questa spirale di sfruttamento. Il nuovo Regolamento posto in essere prevede standard di qualità per il cobalto messo in commercio che dovrebbero limitare le condizioni di assoluto sfruttamento e degrado che si sono fino ad oggi verificate. Amnesty International ha più volte denunciato la condizioni deplorevoli dei lavoratori della Repubblica Democratica del Congo, richiamando le Nazioni ad un senso di responsabilità, alla possibilità di impiegare sempre più risorse riciclate. Diventa sempre più evidente come gli stili di vita delle società occidentali abbiano ricadute sull’umanità che resta. Esistono stili di vita che rendono schiavi chi non ha altra scelta. “Cobalto etico” viene chiamato il cobalto che la Commissione Europea vuole far circolare. Fa sorridere il termine etico associato ad una materia che, ovviamente, non ha voce in capitolo rispetto a come viene estratta né impiegata. Etico deve divenire una volta per tutte il nostro modo di vivere, di pensare di ragionare. Estendendo il nostro sguardo oltre ciò che è visibile.