Le comunità per minori: modelli teorici e organizzativi e strumenti di intervento

 “A voler smettere di camminare in fila indiana, bisogna cominciare a ragionare in cerchio” scrive Ascanio Celestini, nel suo libro “Io cammino in fila indiana”

Lo scorso 3 marzo è iniziato cosi,  seduti in cerchio, l’incontro conclusivo del corso “Le comunità per minori: modelli teorici e organizzativi e strumenti di intervento”, inserito nel piano formativo del Master “Tutela, diritti e protezione dei minori” dell’Università degli Studi di Ferrara: una ricca, fertile e discussione circolare in plenaria intorno ai temi portanti del corso che hanno avuto impatto e risonanza non solo a livello inter e intra comunitario, ma anche a livello personale. 

Fin da subito è emerso in maniera chiara il tema della cultura dell’accoglienza e del valore che ha assunto la co-costruzione e l’implementazione di una rete culturale tra gli educatori delle comunità italiane tesa a riflettere sui modelli organizzativi e sui modelli culturali sottostanti l’intervento di comunità. Tale costruzione si colloca in diretta continuità con uno degli obiettivi portanti per cui il corso è stato ideato: porre le basi, mediante la formazione, per sviluppare e sostenere un pensiero che faccia da trait d’union tra i diversi contesti e attraverso il quale aprire uno spazio di condivisione dei codici, di linguaggi comuni, prospettive, modelli teorici, strumenti di lavoro e chiavi di lettura, che possano avere una ricaduta operativa nelle singole realtà. Il corso, dunque, è stato letto come un attivatore di un processo culturale che ha contribuito a decentralizzare visioni e a unire persone lontane nello spazio, ma vicine negli obiettivi e negli ideali; un processo in grado di tessere una rete di appartenenza culturale che potenzialmente può espandersi oltre i confini delle mura comunitarie, dando voce e trasparenza alle esperienze positive e alle buone prassi che costellano il quotidiano di ogni operatore, attraverso un linguaggio comprensibile all’esterno che consenta non solo di dialogare ma anche di modificare le rappresentazioni delle comunità, spesso dominanti e generalizzate, ma poco informate e limitanti.

Il corso “Le comunità per minori: modelli teorici e organizzativi e strumenti di intervento”, è stato letto anche come un’importane stimolo di riflessione tra colleghi all’interno di un contesto comunitario e come un come un modo per prendersi cura di sé e di soffermarsi sul qui ed ora.

Sul piano metodologico il corso ha sistematizzato concetti e fornito strumenti operativi in grado di avvalorare le piccole azioni quotidiane che sono costitutive per la cura dell’altro da sé: è attraverso i piccoli passi che si definisce un intero percorso di vita.

I contenuti teorici ed operativi del corso all’interno delle équipe hanno avuto ricezioni eterogenee, le cui differenze possono essere lette in chiave contestuale.

Temi e chiarimenti in conclusione: il progetto educativo. Quale valore, quale senso, quale applicazione?

Il progetto educativo informatizzato non si colloca in una posizione antagonista e diametralmente opposta al progetto di vita, al contrario si integrano vicendevolmente: svincolato dal secondo, il progetto educativo si ridurrebbe a mero tecnicismo.

Al contrario, un progetto di vita non si realizza se non attraverso le azioni e gli obiettivi quotidiani, ossia mediante un progetto educativo, che renda concreto l’ideale che lo orienta. Il progetto educativo informatizzato, nello specifico, segue la logica dello scaffolding: è un mezzo che consente di predisporre un’impalcatura mediante la quale poter facilitare il raggiungimento di compiti e obbiettivi a medio o a lungo termine, tramite la co-costruzione partecipata del percorso e la possibilità si rimodulare in itinere i piccoli obbiettivi. Il raggiungimento di questi piccoli obiettivi in maniera circolare rinforza l’autostima legata al raggiungimento del risultato e il senso di adeguatezza rispetto ad uno scopo, ma sostiene e predispone anche le basi per uno sviluppo adeguato della capacità di planning.

Sempre nell’ottica dello scaffolding vengono pensati e proposti gli obiettivi, che possono essere perseguiti sistematicamente e in modo partecipato mediante l’uso del progetto educativo individualizzato. La logica di fondo è quella di predisporre obiettivi e scelte che un bambino è all’altezza di conseguire. In questo modo si riduce e previene il rischio di un possibile fallimento qualora la scelta degli obiettivi sia generica e non oculatamente preventivata in base alle risorse e alle vulnerabilità personali, relazionali e sociali. Mediante le azioni quotidiane, nel tempo e nello spazio si disegnano, costruiscono e rappresentano traiettorie di vita. La possibilità di osservare il proprio percorso è un modo diretto per “pensarsi”, vedersi e riflettere su di sé: questi aspetti sono cruciali nel rinforzo e nella costruzione del pensiero riflessivo pregiudicato da esperienze traumatiche.

Nella logica dello scaffolding il Progetto Educativo permette di sostenere e sorreggere il peso emotivo dei “naturali” momenti di crisi o di cadute del percorso che non è mai lineare (es: riattivazione di un’esperienza traumatica), nell’ottica della prevedibilità e della rassicurazione, collocandole all’interno di un percorso di vita nel quale è normale l’alternanza di momenti nei quali si riesce nei propri compiti evolutivi e altri nei quali invece questo non accade.

Soprattutto, la co-costruzione e la partecipazione condivisa del Progetto Educativo rappresenta un momento di cura per eccellenza: è il momento in cui “la comunità si ferma per me”. Rappresenta, in sintesi, il momento in cui il bambino o la bambina è posto/a al centro, dell’attenzione e dell’ascolto.

L’incontro si è concluso con una descrizione riassuntiva degli aspetti significativi del corso, con proposte di approfondimento mediante giornate a tema con partecipazione in presenza (tema dell’accoglienza; preparazione della regressione della persona inserita in comunità quale risorsa sulla quale lavorare; implementazione e rinforzo di  una cultura socialmente riconosciuta; esplicitazione e identificazione degli stereotipi che si ipostatizzano nella quotidianità; il patto educativo e la progettazione educativa attraverso l’utilizzo del programma informatizzato) e con il conferimento degli attestati di partecipazione.

Le comunità per minori: modelli teorici e organizzativi e strumenti di intervento

Le comunità per minori: modelli teorici e organizzativi e strumenti di intervento

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Le comunità per minori: modelli teorici e organizzativi e strumenti di intervento

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