Mi sfioro le guance, tocco la pelle del collo fino ad arrivare alle spalle. Penso a quanta divisione e dolore può provocare un banale colore, quello della pelle. Vivo nascosta da quando sono nata. A volte avere la pelle nera non è semplice nemmeno in Africa; soprattutto quando quella pelle presenta un difetto. Sono albina. Per me è pericoloso il sole, il vento, il caldo, il freddo. Tutto ciò che per gli altri è normale, per me diventa qualcosa da cui proteggersi. Quando sono nata mia madre è stata ripudiata; è un disonore per una famiglia avere dei figli albini e mia madre è stata considerata colpevole di questa immensa disgrazia. Mio padre non ha nemmeno voluto vedermi. Viviamo sole, mia madre ed io, passando la maggior parte del tempo a nasconderci. O meglio, è mia madre a tenere nascosta me. Nel nostro paese i bambini albini come me subiscono uno strano destino: da un lato vengono allontanati dalla società, rimossi come si fa con una crosta purulenta; dall’altro, vengono ricercati come merce preziosa di scambio. I lembi della nostra pelle vengono recisi e venduti agli stregoni dei villaggi perché possano compiere i loro riti propiziatori. Molti miei coetanei sono stati rapiti, mutilati e torturati. Dalla maggior parte degli uomini e delle donne non siamo nemmeno considerati esseri umani. Mia madre non mi ha mai abbandonata, anche se la nostra vita è tutt’altro che facile. Vive nel terrore che qualcuno possa vedermi e dire a qualcun altro che ci sono, che esisto, e che la mia pelle non è come quella degli altri bambini della mia età. Questo per noi sarebbe la rovina. Oppure sarebbe stato meglio se mi avessero portata via quella notte stessa che sono nata, almeno mia madre non avrebbe vissuto una vita dovendo nascondere al mondo intero di avere una figlia. Eppure, nonostante tutto, quando la sera ci corichiamo e lei mi racconta sempre la stessa favola, quella della principessa di vetro, mi sembra di trovare conforto tra le sue braccia e mi pare anche che lei non si sia mai pentita di aver tenuto con sé una figlia tanto diversa. Mi piace sentirle raccontare quella storia. Parla di una principessa con la pelle così chiara da assomigliare ad un pregiato cristallo. I suoi genitori erano così orgogliosi di quella bambina così unica nella sua bellezza da non volere che nessuno la vedesse, per paura che qualche suddito invidioso potesse portargliela via. E così la tenevano rinchiusa in una stanza dorata, piena di pietre preziose, cibi succulenti, giocattoli e ricchezze di ogni specie, per non farle sentire troppo la mancanza del mondo esterno. Nemmeno i servi la potevano vedere. Dovevano entrare bendati e non tentare mai di guardarla, altrimenti sarebbero stati uccisi. Ma, un giorno, una serva disobbedì. Non per curiosità o per sfregio degli ordini della regina. Disobbedì perché, mentre stava riordinando la stanza della principessa, la sentì piangere. Inizialmente provò ad ignorarla, ma il pianto diventava sempre più forte e disperato. La serva cercò di avvicinarsi e di domandarle perché stesse piangendo e la bambina le raccontò che era triste perché si sentiva sempre sola. Perché, nonostante non le mancasse nulla, non aveva nessuno con cui poterlo dividere. La serva cercò di consolarla, ma la principessa piangeva sempre più forte. Allora decise di disobbedire agli ordini. Si tolse la benda e la guardò negli occhi. Era proprio vero quel che si diceva. La principessa era bella, talmente bella da restare incantati, da desiderare di rapirla e di portarla via con sé. Istintivamente la serva le fece una carezza e la sua pelle di vetro così delicata improvvisamente si crepò, proprio nel punto in cui l’aveva toccata. La serva venne presa dal panico. Cosa ne sarebbe stato di lei? La bellezza della principessa era rovinata per sempre a causa della sua impudenza. Quando la regina lo avrebbe saputo, quel gesto le sarebbe costato la vita. E, in effetti, la regina si infuriò. Che valore avrebbe avuto, adesso, la bellezza di sua figlia? Che cosa avrebbero pensato i sudditi nel vedere che la loro bella bambina era fragile a tal punto da bastare una carezza per andare in frantumi? E quale principe l’avrebbe mai presa in sposa con il volto scheggiato? Stava per pronunciare la condanna a morte per la serva disobbediente quando la principessa cominciò di nuovo a sciogliersi in lacrime, supplicando la regina di risparmiare la vita di quella donna. Era vero che aveva disobbedito ad una legge ma, facendolo, le aveva insegnato che si poteva accettare di rischiare molto pur di non veder soffrire un’altra persona. Quella crepa che ora gettava disonore sulla famiglia e sulla sua sorte sarebbe stato per lei, invece, il simbolo di chi aveva rischiato la propria vita pur di incontrare il suo sguardo. La regina si commosse vedendo la sofferenza della sua bambina e perdonò la serva. Adoro ascoltare questa storia. Amo immaginare come potrebbe essere se qualcuno ignorasse il colore della mia pelle pur di incontrare il mio sguardo. Come sarebbe se si potesse andare oltre la paura di una maledizione, pur di tenere vicino coloro che amiamo.

Monica Betti

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