Come si può uccidere un bambino?

Regia: Narciso Ibanez Serrador

Genere: Horror

Tipologia: Disagio sociale, Violenza

Interpreti: Lewis Fiander, Prunella Ransome, Antonio Iranzo, Miguel Narros, María Luisa Arias, Marisa Porcel, Juan Cazalilla

Origine: Spagna

Anno: 1976


Trama: Evelyn e Francis sono una coppia inglese che aspetta un bambino infatti lei è al settimo mese di gravidanza. Durante le loro vacanze nel Mediterraneo, decidono di andare sull’isola di Almanzora  situata a largo della costa spagnola. Giunti sull`isola trovano ad attenderli sulla banchina un gruppo di bambini. I due si inoltrano nel villaggio ma stranamente non vedono nessun adulto, si fermano in un punto di ristoro ma anche lì non c’è segno di nessuno. A questo punto Francis ed Evelyn si dirigono all`albergo dove non ci sono tracce di adulti. La coppia sempre più perplessa resta sbalordita quando sorprendono una ragazzina che, armata di bastone e ridendo, colpisce a morte un anziano del villaggio; preoccupati e spaventati i due si rintanano nell`albergo cercando di capire cosa sta succedendo. Qui incontrano un uomo che spiega loro come i bambini in preda ad un raptus collettivo abbiano assalito, torturato e ucciso tutti gli adulti del villaggio. Ben presto anche l`ultimo superstite cade sotto i colpi dei bambini attirato in un tranello dalla figlioletta; per la coppia resta poco da fare, decidono di tornare immediatamente alla barca per fuggire. Giunti al porticciolo trovano i ragazzini piccoli e grandi che ostacolano la loro fuga, i due riescono a scappare di nuovo rifugiandosi nella prigione dell’isola e procurandosi anche un fucile. I ragazzi li raggiungono, cercando di catturarli, Francis si fa forza e spara uccidendone uno. Francis attiva il segnale di allarme radio dalla centrale sperando nell`arrivo dei soccorsi. Il giorno dopo accade qualcosa di terribile: Evelyn viene uccisa dal suo stesso bambino che ha nel suo grembo. Preso dalla rabbia, Francis esce dalla prigione ed uccide alcuni dei ragazzi che si interpongono tra lui e l`imbarcazione, l`uomo sta per colpire una ragazzina ma viene ucciso da un agente di polizia arrivato con la nave dei soccorsi. I poliziotti scesi dalla nave non fanno in tempo a capire cosa sia accaduto che cadono sotto i colpi dei bambini. Il film si conclude con un gruppo di ragazzi che abbandona l`isola con la nave delle forze dell`ordine.  Tratto dalla novella:  El juego, di Juan José Plan

Recensione: E se fossero i ragazzini? Se fossero i minori a torturare ed uccidere gli adulti senza pietà? Uccidere un bambino provoca repulsione, sdegno. Eppure è quello che accade ogni giorno in ogni paese in qualsiasi modo. Il regista impegna i primi 10 minuti del film offrendo immagini reali di bambini innocenti morti nei diversi conflitti che hanno interessato il ’900. Lo sterminio nei campi di concentramento nazisti, il conflitto indo-pakistano, la guerra di Corea, il Vietnam, i genocidi in Africa, le carestie: migliaia di bambini morti, prime vittime innocenti della follia adulta. Le immagini crude, reali, sono accompagnate da un canto di bambini come un canto accompagnava alla morte nelle camere a gas migliaia di piccoli. Lo spettatore resta disorientato a mano a mano che la trama si scioglie e la storia diventa sempre più inquietante; alla fine resta il disagio, il tentativo di riflettere su quanto è stato narrato e su quanto accade tutti i giorni, sulle carneficine a cui ormai assistiamo senza reagire. Un’opera che gioca sulla tensione e tiene lo spettatore sui volti dolci dei bambini che diventano poi così spietati senza quasi rendersene conto, come se fosse normalità. La tensione cresce nel sole, nella luce come ha insegnato Kubrick, non nel buio. Film horror tendente allo splatter, certamente, ma sarebbe riduttivo vederlo solo così: il tema cardine ruota intorno alla follia collettiva che colpisce bambini ed adolescenti del villaggio che ricordano le generazioni del nuovo millennio che troppo spesso tendono a non comprendere più qual’è la realtà totalmente schiavi del consumismo e dell’usa e getta privo di esperienza, di sedimentazione dell’esperienza. Il gruppo diventa branco, la mancanza di cultura, amoralità; i cellulari, i social considerati non media, mezzi per comprendere, analizzare informandosi, ma protuberanze del proprio corpo; la mancanza di motivi per cui combattere, genera un`energia violenta e distruttiva scatenata verso uomini e cose. La violenza è dentro di noi, da quando nasciamo, dobbiamo solo cercare di fare in modo che non cresca con noi, osserva il regista in una intervista. Il film ci riporta al mito di Giove che uccide Kronos suo padre  per prenderne il potere e costruire un nuovo mondo prima che sia il padre ad ucciderlo; ricorda la pellicola Il villaggio dei morti viventi, il racconto di Buzzati Viaggio agli inferni del secolo. Politicamente molto scorretto pone allo spettatore vari quesiti: per avere un mondo nuovo bisogna uccidere il vecchio? Essere adulto, vecchio, non è più sinonimo di esperienza da tramandare, ma solo di fastidio, inutilità? E’ la scuola obsoleta e forse troppo permissiva? E’ la mancanza di strutture in grado di individuare ed intervenire con le giuste strategie, laddove si identifichi un soggetto a rischio? E’ la perdita di comunicazione all`interno della famiglia a volte causato da una disattenzione genitoriale troppo impegnata nell’attività lavorativa o in altro? Le domande sono tante e questo film disturba perché  interpreta il suo tempo quasi prevedendone i tragici sviluppi futuri, il nostro presente. Il gioco è il filo conduttore: i bambini giocano, uccidono giocando e ridono di quanto fanno, senza alcuna possibilità di provare dolore, senza più concepire la linea di demarcazione che divide il bene dal male. Eppure non sono corrotti ma sembrano ribellarsi al male con lo stesso strumento utilizzato dagli adulti, l’unica lingua che i grandi sembrano comprendere: la violenza senza motivo, la sopraffazione.

M. P.

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