Alcune prime impressioni e brevi osservazioni sulle disposizioni in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile contenute nel decreto legge n. 123 del 15/09/2023 -decreto Caivano-

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 settembre ed entrato in vigore il giorno successivo, il decreto legge “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”[1], subito ribattezzato “decreto Caivano”, ha costituito, per chi lo ha voluto e concepito, una risposta immediata ai noti fatti di cronaca avvenuti nella cittadina campana, tuttora oggetto di indagini ed accertamenti nella fase delle indagini preliminari.[2]

La notizia dei fatti ha suscitato notevole scalpore ed ha trovato ampia risonanza nelle cronache, sicuramente giustificata dalla natura dei reati, dall’età delle vittime e dal protrarsi per lungo tempo delle violenze, senza che alcuno abbia rilevato segnali o sintomi di un disagio sia da parte dei responsabili dei comportamenti delittuosi, sia da parte delle vittime.

I reati hanno provocato immediate e forti reazioni, tese a sollecitare interventi urgenti, e non c’è dubbio che la risposta legislativa adottata dal Governo rientri in quella categoria di provvedimenti qualificati come “legislazione emergenziale”, qualifica che porta con sé l’impronta della assoluta necessità e della radicalità delle misure adottate, non sempre commisurate, tuttavia, alla situazione da fronteggiare, ma certamente ispirate dalla volontà politica di dare un segnale preciso di presenza dello Stato, senza un quadro di più ampio respiro, una programmazione meditata ed un utilizzo adeguato degli strumenti disponibili.

Il decreto legge presenta diversi capi, dedicati il primo agli interventi infrastrutturali nel territorio del Comune di Caivano, poi via via alle disposizioni in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile, alle disposizioni in materia di offerta educativa e, infine, alle disposizioni per la sicurezza dei minori in ambito digitale.

Non è certo questa la sede per un esame completo né sufficientemente approfondito delle misure adottate, ma è tuttavia possibile formulare alcune osservazioni, soprattutto in merito alle norme destinate alla sicurezza ed alla prevenzione della criminalità minorile.

Si tratta di sette articoli molto densi, con numerosi rinvii ad altre disposizioni di legge, secondo una tecnica legislativa più volte criticata per la non facile ricostruzione del quadro completo degli interventi e per una lettura piana delle integrazioni o modifiche alle disposizioni in precedenza vigenti.

Un primo articolo interviene su un decreto legge del 2017, anch’esso emanato in via di urgenza in materia di sicurezza delle città[3], consentendo l’utilizzo nei confronti dei minorenni ultraquattordicenni della misura di prevenzione personale consistente nell’allontanamento da determinate aree urbane, in cui sono maturate delle condotte illecite, seppure non ancora accertate con regolare processo.[4]

Un’altra misura di prevenzione è stata estesa ai minorenni ultraquattordicenni, l’avviso orale, fondato sull’esistenza a carico di una persona di indizi di allarme non meglio precisati, con il conseguente invito a tenere una condotta conforme alla legge.[5]

Ulteriore misura di prevenzione prevista a carico dei minorenni è quella dell’ammonimento, applicabile non solo quando non sia stata ancora proposta querela, ma perfino in assenza di denuncia, per alcuni reati commessi ai danni di altro minorenne[6]; tale misura di prevenzione è addirittura ora applicabile anche ai ragazzi di età compresa fra dodici e quattordici anni, nell’ipotesi in cui il reato preveda una pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Sulle misure di prevenzione personali si è a lungo discusso ed ancora si dubita della loro conformità ai principi costituzionali, in quanto fondate sostanzialmente su di una valutazione di pericolosità molto discrezionale, tanto da rasentare l’arbitrarietà, operata da autorità di pubblica sicurezza, senza un vaglio giurisdizionale.

Le misure amministrative a carico di minorenni sono già previste dalla legge 1404 del 1934, con l’affidamento al servizio sociale o il collocamento in comunità, nelle ipotesi, peraltro assai vaghe, di “irregolarità della condotta o del carattere”, ma la loro l’applicazione è, tuttavia, possibile solo all’esito di un regolare procedimento dinanzi ad un’autorità giudiziaria, con tutte le garanzie procedurali, prima fra tutte il diritto ad una difesa qualificata, cioè alla nomina di un avvocato.

La Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo (C.R.C. – Convention on the Rights of the Child) prevede all’art. 40 per ogni ragazzo, anche solo sospettato di aver commesso un reato, “il diritto ad un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima”.

Lo stesso articolo 40 enuncia nel capoverso successivo un principio di tassatività[7], allargato all’ipotesi di semplice sospetto di commissione di un reato.

Nulla di tutto questo è previsto nell’applicazione delle misure di prevenzione disposte dal “decreto Caivano” a carico dei minorenni, sebbene fondate su semplici sospetti o indici di pericolosità non riscontrati da fatti specifici, puntualmente previsti dalla legge.

L’ultimo comma dell’art. 40 C.R.C. dispone l’obbligo a carico degli Stati aderenti di prevedere “tutta una gamma di disposizioni concernenti in particolar modo le cure, l’orientamento, la supervisione, i consigli,… i programmi di formazione generale e professionale,… in vista di assicurare ai fanciulli un trattamento conforme al loro benessere e proporzionato sia alla loro situazione che al reato”.

In tal modo troverebbe attuazione quel principio contenuto nell’art. 27 della nostra Costituzione, e che pervade tutta la legislazione minorile, in base al quale l’obbiettivo, anche dinanzi all’ipotesi di grave devianza rispetto ad un sistema di regole di convivenza, deve essere quello di mirare alla “rieducazione”, cioè al reinserimento nella società, per lo svolgimento di “un ruolo costruttivo in seno ad essa” tanto dell’adulto quanto più del ragazzo, riprendendo le parole dell’art. 40 della C.R.C.

L’allargamento delle misure di prevenzione personali crea gravi problemi di compatibilità con un sistema che ha improntato l’intervento nei confronti delle persone minorenni al recupero, alla proposta e sperimentazione di modelli positivi, escludendo forme di mera repressione, ancor più se connotate dalla loro natura semplicemente amministrativa e non giudiziale.

Neppure adombrata è la finalità di tali nuove disposizioni di favorire nel ragazzo “il suo senso della dignità e del valore personale” e rafforzare “il suo rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali”, come sopra evidenziato nella testuale previsione dell’art. 40 C.R.C.

Il c.d. “decreto Caivano” provvede poi all’inasprimento delle pene in materia di stupefacenti, porto al di fuori della propria abitazione di armi proprie ed improprie, fattispecie che esulano del tutto dai fatti che hanno originato l’intervento legislativo.

L’articolo 6 del decreto in esame amplia significativamente le ipotesi di applicazione di provvedimenti restrittivi della libertà personale a carico dei minorenni indagati, abbassando da cinque a tre anni la soglia della pena massima prevista quale presupposto per applicare la misura dell’accompagnamento negli uffici delle forze di polizia, in seguito a flagranza di reato, eseguibile anche nell’ipotesi di alcuni reati specifici[8], nonché per l’applicazione delle misure cautelari, in particolare la custodia cautelare.

Inoltre sono state incrementate le possibilità di applicazione della custodia cautelare, sulla base del semplice titolo del reato[9], indipendentemente dalla pena comminata, e con introduzione del presupposto della fuga o del pericolo di fuga, in precedenza previsto solo per i maggiorenni.

Dalla ricognizione effettuata emerge con chiarezza che lo spirito delle nuove norme esaminate è quello della difesa sociale, con il forte rischio di scivolare sulla china di un’ossessione securitaria, sull’onda emotiva delle vicende accadute nel Comune campano.

Lo spirito evidenziato non coincide certamente con la tutela dei ragazzi coinvolti nei fatti, che dovranno rendere conto delle loro condotte sulla base del principio di responsabilità, ma che al tempo stesso dovranno essere anche aiutati ad uscire dalle situazioni personali e sociali a causa delle quali sono maturati delitti così gravi, fonte di pregiudizi difficilmente sanabili a carico delle minorenni abusate.

Il quadro completo del decreto registra, come già detto, anche interventi infrastrutturali nel territorio del Comune di Caivano, disposizioni in materia di offerta educativa e disposizioni per la sicurezza dei minori in ambito digitale.

Non è possibile esaminare tali aspetti, nelle intenzioni certamente positivi, ma che necessitano di essere messi alla prova dei fatti, per verificarne la puntuale attuazione sulla base di risorse adeguate, che per ora sono state in parte distolte da altri capitoli di spesa, quali ad esempio la ricerca scientifica o il fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi[10], sottraendo finanziamenti in ambiti particolarmente importanti per porre i presupposti di una svolta sociale, culturale, educativa in territori segnati da gravissimi indici di disagio giovanile, quale proprio il territorio in cui sono maturati i gravissimi fatti di violenza sessuale ai danni di due minorenni molto giovani.

Francesco Rosetti, già Magistrato minorile e docente del Master Tutela, diritti e protezione dei minori


[1] Decreto legge n.123 del 15/09/2023

[2] È proprio di questi giorni la notizia dell’arresto di alcuni dei presunti responsabili degli episodi di abuso ai danni di due bambine, ad opera di un gruppo di ragazzi, tra cui risultano indagati vari minorenni.

[3] Il decreto legge n.14 del 2017, successivamente convertito dal Parlamento, affrontava il tema della sicurezza urbana sulla base di un lavoro preparatorio, non emerso per il decreto 123/2023, lavoro preparatorio congiuntamente impostato tra Conferenza delle Regioni e Ministero dell’Interno, nonché frutto di svariati incontri del Ministero stesso con l’ANCI, tanto da ottenere un condiviso appoggio da parte dell’associazione dei Comuni in merito alle misure adottate, che non consistevano né nell’introduzione di nuovi reati, né di nuove aggravanti, escludendo pertanto l’utilizzo della repressione sul piano del diritto penale.

[4] La misura introdotta dal decreto citato è stata ribattezzata “DASPO urbano”, in quanto ricalca la misura di prevenzione del Divieto di Accesso alle manifestazioni SPOrtive (da cui l’acronimo DASPO), introdotta per contrastare il fenomeno della violenza da parte delle tifoserie; si tratta di una misura amministrativa, da adottare al di fuori di un regolare processo, derivante da un apparato di polizia ottocentesco, utilizzata dal fascismo per la repressione del dissenso nei confronti del regime, ancorata al generico concetto di pericolosità e della cui costituzionalità si è spesso dubitato.

[5] In aggiunta all’avviso orale il Questore può proporre al Tribunale l’applicazione ai minorenni, nel caso di condanna anche non definitiva per reati contro la persona o il patrimonio, ovvero attinenti alle armi o alle sostanze stupefacenti, del divieto di utilizzo di “piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché il divieto di possedere o di di utilizzare telefoni cellulari, altri dispositivi per le comunicazioni dati e voce o qualsiasi altro apparato di comunicazione radio trasmittente, quando il suo utilizzo è servito per la realizzazione o la divulgazione delle condotte che hanno determinato l’avviso orale” (art.3, co. 6-bis, decreto legislativo 6/9/2011, n. 159).

[6] Si tratta dei reati di percosse, lesioni dolose, violenza privata, minacce e danneggiamento.

[7] Il principio di tassatività costituisce un cardine essenziale dell’ordinamento dei paesi democratici, rispettosi dei diritti e delle libertà della persona, e consiste nell’impossibilità di procedere a carico di chiunque, se il fatto oggetto dell’accusa non era già previsto come illecito al momento in cui è stato commesso; il secondo comma dell’art. 25 della nostra Costituzione recita: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

[8] Tali reati sono: a) lesione personale; b) violazione di domicilio; c) furto senza aggravanti; d) danneggiamento aggravato; e) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti; f) porto di armi od oggetti atti ad offendere.

[9] Tali reati sono: a) il furto commesso su armi, munizioni od esplosivi; b) il furto aggravato nelle seguenti ipotesi: 1. se commesso con violenza sulle cose o se il colpevole porta in dosso armi o narcotici, senza farne uso; 2. se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d’incaricato di un pubblico servizio; 3. se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica; c) furto in abitazione e furto con strappo -c.d. scippo; d) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale; e) resistenza a un pubblico ufficiale; f) delitti in materia di stupefacenti.

[10] Si tratta del fondo istituito dalla legge 18 dicembre 1997, n. 440, destinato, come recita l’articolo 1, “alla piena realizzazione dell’autonomia scolastica, all’introduzione dell’insegnamento di una seconda lingua comunitaria nelle scuole medie, all’innalzamento del livello di scolarita’ e del tasso di successo scolastico, alla formazione del personale della scuola, alla realizzazione di iniziative di formazione postsecondaria non universitaria, allo sviluppo della formazione continua e ricorrente, agli interventi per l’adeguamento dei programmi di studio dei diversi ordini e gradi, ad interventi per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del sistema scolastico, alla realizzazione di interventi perequativi in favore delle istituzioni scolastiche tali da consentire, anche mediante integrazione degli organici provinciali, l’incremento dell’offerta formativa, alla realizzazione di interventi integrati, alla copertura della quota nazionale di iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dell’Unione europea” obbiettivi tutti coerenti con la riqualificazione di un tessuto sociale degradato, tanto da dare l’impressione di “dare con una mano quanto si è tolto con l’altra”.

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