Sebbene chi scrive rimanga convinto dell’importanza che programmi di educazione alla sostenibilità esistano e vengano portati avanti con il sostegno e l’impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti nella loro esecuzione, rimane altrettanto vero che non ci si possa cullare nella speranza che, essendo qualcosa invece che niente, questi programmi rappresentino la soluzione definitiva alle difficoltà di vivere il problema dei cambiamenti climatici. Certamente, qualcosa è sempre meglio di niente: quando si parla dell’attivazione di atteggiamenti e comportamenti responsabili nei confronti dell’ambiente, apprendere a misurarli in rapporto all’impatto che essi producono sul piano ambientale e sociale è un obiettivo fondamentale. Tuttavia, quando parliamo di cambiamenti climatici parliamo di una serie di processi in continuo divenire, le cui intersezioni e concatenazioni di cause ed effetti non sono lineari né uniformi. Occorre tenere presente che, se il cambiamento richiede di navigare a vista tra le successive rapide trasformazioni di ciò che ci circonda, ogni piano non può che rappresentare un punto di transito sul quale soffermarsi per ripartire nel continuo sforzo di autoripensamento critico della propria posizione di agenti nel mondo. E’ dunque necessario anche per l’educazione alla sostenibilità compiere il lavoro di continua revisione dei propri strumenti, delle proprie terminologie, dei concetti e delle categorie che organizzano i contenuti che si vogliono veicolare. Sappiamo infatti che la semantica e la sintassi del nostro sapere sono molto più che uno strumento descrittivo, in quanto riassumono le teorie e le priorità di un’epoca, e hanno il potere di produrre gli scenari in cui come agenti ci troviamo poi a prendere le nostre decisioni, ci orientano all’azione. Come già nella precedente rubrica avevamo avuto modo di constatare, l’educazione alla sostenibilità presenta degli obiettivi encomiabili, ma ciononostante fatica a uscire da un pensare e un agire tradizionali, e dunque a pervenire al successo che ci si aspetterebbe nel modificare i comportamenti in senso ecologico. Vale dunque la pena di approfondire alcuni spunti interessanti per rivedere i modi e i mezzi di questo approccio. A tal fine, cercheremo di rileggere in chiave critica alcuni dei punti centrali del piano per la rigenerazione della scuola. Il piano “RiGenerazione Scuola” individua quattro pilastri di azione, corrispondenti a quattro categorie di obiettivi verso cui muove le proprie proposte.

  1. Rigenerazione dei Saperi;
  2. Rigenerazione dei Comportamenti;
  3. Rigenerazione delle Infrastrutture;
  4. Rigenerazione delle Opportunità.


Questi quattro “pilastri” che sorreggono l’attività di rigenerazione della scuola in direzione di una maggiore sostenibilità raccolgono tante diverse sfide importanti: dalla sostenibilità nel piatto a quella della mobilità, dall’efficienza energetica delle strutture alla conservazione della biodiversità, dalla salute all’economia. Ad accompagnare e a sostenere ognuno di questi percorsi operativi, è il rinnovato impegno a stimolare gli studenti alla riflessione consapevole, all’applicazione di chiavi di lettura scientifiche per leggere la propria azione nel mondo in termini di impatto ambientale e di circuiti virtuosi o viziosi. Ciò attraverso strumenti didattici ad hoc, attraverso il contributo di esperti nei vari settori, la partecipazione di associazioni e organizzazioni del territorio e persino attraverso l’istituzione di interi curricula scolastici incentrati sulla sostenibilità. Guardando a questa commistione di temi che rispecchiano le tematiche mainstream della lotta per la sostenibilità, come possiamo ascoltarle o leggerle pressocché quotidianamente nei più diversi notiziari, possiamo notare come si vadano a mescolare senza soluzione di continuità aspetti pertinenti alla sfera dei fatti con altri aspetti pertinenti alla sfera dei valori; l’oggettività misurabile scientificamente dei dati viene letta nei termini etici di quello che “si dovrebbe” e “non si dovrebbe”, “è bene” o “è male”. Ne deriva che, alla base di ogni programma di educazione alla sostenibilità, vi è la necessità di confrontarsi con il difficile compito di prendere alcune importanti decisioni metodologiche: come orientarsi tra i fatti e i valori, oltre che tra le personali credenze e le convinzioni che il proprio background socioculturale porta con sé? Come può l’educazione mantenere al contempo uniti ma discretamente e criticamente distinti il piano scientifico con quello etico, tracciando anche delle rotte di azione percorribili?

Lorenzo Cervi, esperto di tutela dell’ambiente, collaboratore del Master