Il filo rosso della violenza di genere e domestica interseca il dibattito nella società ed è oggetto del recente decreto di legge governativo per contrastarla, con la previsione di un rafforzamento delle misure preventive, cautelari e coercitive. Un fenomeno drammatico, che non può essere combattuto senza il coinvolgimento della famiglia, della scuola, della cultura del rispetto.      

A cura dell’Avv. Antonella Rimondi –Avvocata e Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Bologna e dell’Avv. Stefania Tonini, Avvocata del Foro di Bologna.

Siamo state amate e odiate,

adorate e rinnegate,

baciate e uccise,

solo perché donne.”

Alda Merini

Da dove proveniamo. Una difficile storia di affermazione dell’autodeterminazione della donna lunga decenni: che cosa è cambiato o non è cambiato nelle relazioni affettive? Chi scrive, avvocate che hanno conosciuto la genesi del pensiero femminile degli anni Settanta del secolo scorso e l’affermazione dei diritti delle donne nella famiglia, nel lavoro e nella società italiana, ha pensato (e sperato) che la cultura del loro rispetto e della loro libertà di agire si fosse come stratificata nel contesto sociale, come un sottosuolo vitale, una linfa da cui trarre forza nelle diversità di genere e nel confronto dialettico, comportamentale e sentimentale fra i sessi.  Il rispetto del corpo come luogo della sovranità dell’individuo-donna e il riconoscimento della autodeterminazione femminile, dunque, come parametri oramai acquisiti, perché trasmessi, se non proprio “innati”.     E’ vero che una sub cultura, fatta di immagini, pubblicità, slogan e linguaggi, aveva ed ha la responsabilità  di veicolare messaggi di utilizzo del corpo femminile come prodotto di desiderio consumistico; come è altrettanto vero che il lavoro femminile è spesso sottopagato rispetto a quello maschile, che poche donne raggiungono vertici di carriera e che il lavoro domestico e casalingo  torna ad essere, talvolta, non per scelta ma per necessità, il ripiego per giovani donne escluse o emarginate dal mercato del lavoro. Forse ci si era illuse che, nei rapporti di coppia, un minimo di “democrazia dei sessi”, decodificasse la parità fra i partner e che, soprattutto fra le giovani generazioni, si potesse ipotizzare un equilibrio di ruoli, di mansioni, di possibilità per la donna di poter scegliere, senza conseguenze per la propria incolumità, anche la fine di una relazione. Comunque sia, l’illusione è stata, drammaticamente, superata dall’elevato numero di vittime di violenza sessuale, da parte di singoli o di gruppo, e di femminicidi nell’anno in corso 2023 e dai più recenti fatti di cronaca tragici, che ci hanno confermato come la violenza sulle donne sia trasversale e venga inflitta non soltanto da uomini adulti o di mezza età o anziani, magari con precedenti penali specifici di violenza, appartenenti ai diversi ceti sociali e culturali, ma anche da parte di giovani o di giovanissimi uomini, non necessariamente disagiati o poco istruiti.   

Una disamina sociologica, dunque, che mette a fuoco un fenomeno sottovalutato: sempre più maschi adulti giovani sono violenti verso le partner, per possesso, gelosia, controllo, paura d’inferiorità, frustrazione, competizione, vulnerabilità. Sino ad arrivare al femminicidio e alla soppressione brutale della vittima. Senza scadere in generalizzazioni, perché per fortuna molti giovani non sono attratti dalla violenza e non la agiscono sulle donne, si era pensato, al contrario, che le nuove generazioni maschili non fossero contaminate da vecchi stereotipi comportamentali, ma agissero e si relazionassero in una dimensione paritaria con l’altro sesso.  Non più, pertanto, un soggetto maschile permeato dal culto del controllo sulla vita dell’altra e sul dominio nella coppia, esente da vulnerabilità e sempre padrone dei propri agiti. Qualcosa, tuttavia, non funziona e ci si chiede quali siano le cause e come intervenire. 

Che cosa sta accadendo nella società “liquida” e “mediatica-virtuale”: è stato osservato come la distanza dei corpi nel web finiscaper allontanare e, in certi casi, precludere o addirittura sostituire la vicinanza del corpo reale, quasi un surrogato della realtà (una realtà da metaverso).  Si finisce per mediare la percezione dell’altro solo a parole, filtrando la vita on line con quella in presenza. Così, la relazione “dal vero”, se frustrante perché passibile di negazioni, dissensi, rifiuti o dinieghi, può sfociare nella delusione, con incontrollate reazioni violente.    Inutile illudersi che il fenomeno della “vita trasportata sui social”, dunque immateriale e virtuale, possa essere ridimensionata, ma, allora, occorrerà partire anche dalla censura di linguaggi inappropriati, perché evocativi della violenza o direttamente violenti e minacciosi.

Le radici profonde in un pensiero arcaico: non si tratta ovviamente solo di un problema mediatico, confinato in un’area dell’esistenza virtuale privata dell’esperienza: il problema è più complesso e trova le proprie radici profonde in un pensiero e in una visione fondata sul concetto di una relazione arcaica, regolata dalla sessualità dominante del maschio e dalla sottomissione delle donne. Una relazione predatore/preda che continua, evidentemente, ad essere presente come modello mentale, un sessismo di cui è permeata ancora la società.

Le parole che conosciamo, da decenni, e quelle che vorremmo venissero ripetute e insegnate, rivolte ai maschi giovani o adulti che siano, per come si dovrebbero declinare nelle relazioni affettive, sembrano dei mantra: “rispetto”, “etica delle relazioni” “educazione ai sentimenti”, “educazione al riconoscimento delle proprie emozioni e dei limiti imposti dalla donna (amica, fidanzata, moglie, convivente, collega di lavoro)”.  Ma come vengono usate queste parole, da chi e come vengono trasmesse? 

Il contrasto al fenomeno della violenza di genere è un qualcosa che riguarda tutti: perché la violenza di genere e la violenza domestica sono un problema strutturale della società mondiale, che non conosce confini sociali, economici o nazionali. Come sappiamo, è “violenza contro le donne” ogni atto di violenza fondata sul genere, che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà. Così recita l’art 1 della “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne”, adottata dall’ONU con la risoluzione del 1993 e così la Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne, che, oltre agli obblighi giuridici, ha trasmesso anche un forte indicatore politico agli ordinamenti, segnalando come la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica sono inaccettabili, mettendo in luce la realtà di molte donne e giovani che subiscono violenza, per sensibilizzare la società al cambiamento della mentalità nel lungo termine e per approntare strumenti organizzativi idonei di contrasto.

Come si reagisce. Una risposta articolata: di primaria importanza, si deve partire dalla base della società: famiglia e scuola sono le primarie agenzie dalle quali deve pervenire l’insegnamento della cultura del rispetto.    Dalla famiglia, l’esempio, dalla scuola, quelle che sono denominate “le grammatiche della vita”. Nei Paesi (quali Svezia, Germania, Francia) nei quali sono state adottate, si è potuto constatare i benefici dell’educazione scolastica all’affettività.

Dallo Stato e dalle istituzioni, ci si aspetta l’altro fronte. È innegabile che sono state abrogate, nel nostro ordinamento, leggi e norme che contenevano un’intollerabile giustificazione del ruolo di sottomissione delle donne al “capo-famiglia”, come pure di sub valori e tradizioni che consideravano la violenza domestica contro donne e minori un “fatto naturale” e socialmente accettato, ma tuttavia sembra ancora sopravvivere l’ideazione, lo strato sub culturale che le ammetteva.  Non è sufficiente inasprire le pene, è necessario affiancare progetti e programmi socioculturali ad ampio raggio. Perché il problema è complesso e servono, dunque, risposte e strategie complete, articolate e multidisciplinari. Non solo interventi legislativi, preventivi e repressivi, ma anche potenziamento di strumenti per aiutare le vittime di violenza a uscire da situazioni di pericolo e fornire loro protezione e assistenza, sportelli di ascolto, centri antiviolenza, case rifugio, numeri di emergenza, servizi di assistenza legale, programmi di reinserimento sociale ed economico. Occorre, inoltre, potenziare la professionalità degli operatori sociosanitari e delle forze dell’ordine, per una collaborazione in rete, come pure a livello scolastico, di ogni grado, promuovere ed insegnare l’educazione al concetto della parità e del rispetto.

Da quando e come il diritto del nostro ordinamento incontra e disciplina il fenomeno della violenza sulle donne: il nostro ordinamento giuridico, si sa, ha negato per lungo tempo la violenza di genere, intriso com’era di quei disvalori che si ritenevano inalienabili e, piaccia o meno, di quello che è stato definito l’“immaginario patriarcale”. Basti pensare che, fino all’anno 1956, era in vigore lo ius corrigendi (potere correttivo del pater familias, anche per il tramite della forza, nei confronti della moglie e dei figli); soltanto negli anni 1968 e 1969 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 559 del codice penale che puniva unicamente l’adulterio della moglie; – soltanto nell’anno 1975 si è sostituito il modello della famiglia strutturata gerarchicamente con un nuovo modello di famiglia paritaria; – soltanto dopo la legge n. 442 del 5 agosto 1981, abrogativa della rilevanza penale della causa d’onore, è stato cancellato il presupposto dell’offesa all’onore arrecata da una condotta “disonorevole”;  l’applicazione  della legge del 1981 ha rimosso dal nostro ordinamento anche l’istituto del “matrimonio riparatore” (art. 544 c.p.), che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l’onore della famiglia; soltanto nell’anno 1996 (dopo circa vent’anni di iter legislativo), è stata approvata la legge n. 66 recante le nuove “Norme sulla violenza sessuale”, che ha trasferito questo reato dal Titolo IX (Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume) del codice penale al Titolo XII (Dei delitti contro la persona).

Di passi significativi, successivamente, ne sono stati fatti:

-l’Italia ha ratificato convenzioni internazionali volte a contrastare la violenza sulle donne, con la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, che, come ricordato, prevede misure volte a prevenire, perseguire la violenza di genere, compreso il femminicidio. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure legislative e politiche per garantire la protezione delle donne e delle vittime di femminicidio, nonché per perseguire i responsabili e fornire sostegno alle vittime. Inoltre, sono state adottate iniziative da parte dell’Unione Europea per combattere il femminicidio e la violenza di genere. Così la Direttiva 2011/99/UE, che prevede misure per prevenire l’abuso e la violenza domestica, a protezione delle vittime. La Direttiva 2012/29/UE, c.d. “Direttiva sulle vittime”, che stabilisce norme minime per i diritti, il supporto e la protezione delle vittime di reati, comprese le vittime di violenza di genere, prevedendo altresì misure per garantire l’accesso a servizi di supporto, informazione e consulenza per le vittime di violenza di genere;

-un ruolo importante ha, altresì, avuto la giurisprudenza, sia italiana che europea, nella definizione dei nuovi standard e nell’interpretazione delle leggi riguardanti la violenza contro le donne. Anche qui le parole e il linguaggio appropriato fanno la differenza e restituiscono dignità alla vittima. Le sentenze delle Corti italiane e delle istituzioni europee hanno, infatti, chiarito e applicato i concetti di uguaglianza di genere, di diritti umani e di protezione delle vittime di violenza di genere;

-l’inquadramento giuridico interno prevede un insieme di norme, che si rinvengono nel Codice penale: -Omicidio volontario o preterintenzionale (art. 575); -Maltrattamenti in famiglia (arti. 572); -Atti persecutori (c.d. stalking) (art. 612-bis); -Violenza sessuale (dagli articoli 609-bis e ss.); nelle Leggi speciali: -Legge n. 38/2009 recante “Misure contro la violenza sessuale”; -Legge n. 119/2013, conosciuta come “Legge sul femminicidio”; -Legge sul c.d. Codice Rosso ovvero la L. n. 69/2019, recante  “Disposizioni in tema di violenza domestica e di genere”, in vigore in Italia dal 22 giugno 2019; -Ordini di Protezione (art. 342-bis e Legge n. 154/2013); nel codice di procedura civile:  -ordini di protezione contro gli abusi familiari e la violenza domestica (art. 473 bis.41 e s.s. c.p.c.).  Con l’introduzione delle nuove norme, a seguito della Riforma Cartabia, l’ambito di applicazione riguarda i casi di violenza domestica o di genere, fisica, economica o psicologica (in aderenza alla Convenzione di Istanbul), posta in essere da una parte nei confronti dell’altra o di figli minori.  Il giudice civile, in base all’art. 473 bis.42 comma 1 c.p.c., ha la facoltà di abbreviare i termini processuali fino alla metà, ferma restando la necessità di compiere tutte le attività senza ritardo. Inoltre, sono state previste disposizioni che assicurano tutela alla vittimizzazione secondaria, così l’art. 473 bis. 42 comma 6 c.p.c. che esclude la necessità di comparizione personale all’udienza, e nel caso di comparizione prevede che il giudice si astenga dal procedere al tentativo di conciliazione. Al fine di evitare contatti diretti con la vittima, il giudice potrà disporre l’udienza da remoto o stabilire scansioni orarie per la comparazione delle parti, al fine di evitarne l’incontro. A tutela della vittima è possibile secretarne l’indirizzo di residenza, in presenza di esigenze di sicurezza o se la stessa si trovi collocata in una struttura protetta.

Le nuove norme “rafforzate”: il DDL Senato n. 923/2023 recante “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”.    

Il 22 novembre 2023, il Senato ha approvato, all’unanimità e in via definitiva, il DDL recante “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”. Le nuove norme, pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 24 novembre 2023, entreranno in vigore il 9 dicembre 2023.

Numerose ed articolate le misure messe in campo, di natura principalmente preventivo-repressiva.

In estrema sintesi, queste le principali novità.

1)         Il rafforzamento della misura di prevenzione dell’ammonimento del Questore e degli obblighi informativi alle vittime di violenza da parte delle forze dell’ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche

L’art. 1, comma 1, della L. 24 novembre 2023, n. 168 (di seguito, L. n. 168/2023) interviene sull’art. 3 del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, ampliandone l’ambito di applicazione.

In particolare, ai sensi del summenzionato art. 3 D.L. n. 93/2013, nella versione previgente, il Questore – nei casi in cui sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di percosse (art. 581 c.p.) e lesioni (art. 582 c.p.), consumati o tentati, commessi nell’ambito di violenza domestica, anche in assenza di querela, dopo avere assunto le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti – può procedere all’ammonimento dell’autore del fatto.

Ai fini dell’applicazione della norma in esame, per “violenza domestica” doveva intendersi “uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali fatti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.

La novella normativa

•          estende l’ambito di applicazione della misura in esame anche ai reati di violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia aggravata (art. 612, secondo comma, c.p.), atti persecutori (cd. stalking, art. 612 bis c.p.), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (cd. revenge porn, art. 612 ter c.p.), violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e danneggiamento (art. 635 c.p.);

•          amplia la nozione di “violenza domestica”, includendovi anche gli atti commessi in presenza di minorenni.

L’art. 1, comma 2, della L. n. 168/2023 inserisce un nuovo articolo (art. 3.1) dopo il summenzionato art. 3 con il quale si stabilisce che l’organo di polizia che procede per reati commessi in ambito di violenza domestica – segnatamente, per i reati di cui all’art. 362, comma 1-ter del codice di procedura penale  – qualora  rilevi l’esistenza di concreti e rilevanti elementi che prefigurino il pericolo di reiterazione delle condotte, ne dia comunicazione al Prefetto affinché questi possa adottare misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa.

L’art. 1, comma 3, della L. n. 168/2023 estende poi l’ambito di applicazione dell’art. 8 del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni dalla Legge 23 aprile 2009, n. 38.

In particolare, il summenzionato art. 8 del D.L. n. 11/2009, nella versione previgente, prevedeva che, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al Questore, il quale, assunte, se necessario, informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale, e adotta provvedimenti in materia di armi e munizioni. La pena per il delitto di atti persecutori è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito e, in tali casi, il reato in esame è procedibile d’ufficio.

La novella normativa

•          estende l’ambito di applicazione della misura di cui sopra anche al reato di diffusione illecita di immagini e di video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.);

•          prevede che la pena per i reati di cui agli artt. 612 bis e 612 ter c.p. sia aumentata quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato adottato l’ammonimento, e che, in tali casi, i reati in esame siano procedibili d’ufficio.

Il summenzionato comma 3 dell’art. 1 della L. n. 168/2023 estende altresì l’obbligo – già in precedenza posto in capo alle forze dell’ordine, ai presidi sanitari e alle istituzioni pubbliche con riferimento per una serie di reati  – di fornire informazioni alle vittime sui centri antiviolenza presenti sul territorio e di metterle in contatto con gli stessi anche con riferimento ai reati di omicidio, nell’ipotesi tentata (art. 575 c.p.), di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583 quinquies c.p.) e di diffusione illecita di immagini e di video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.).

2)         Potenziamento delle misure di prevenzione personali

L’art. 2 della L. n. 168/2023 apporta alcune modifiche al Codice antimafia e delle misure di prevenzione.

Con riguardo ai reati di violenza di genere e domestica, il Codice antimafia prevedeva già che l’Autorità Giudiziaria potesse applicare misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati dei reati di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) e di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.).

La novella normativa

•          estende l’ambito di applicazione delle misure di prevenzione personali anche ai soggetti indiziati dei reati, consumati o tentati, di omicidio (art. 575 c.p.), lesioni gravi (art. 583, laddove aggravate dal legame familiare o affettivo ai sensi dell’art. 577, primo comma, n. 1, e secondo comma c.p.), deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583 quinquies c.p.), violenza sessuale (art. 609 bis c.p.)a di cui sopra anche al reato di diffusione illecita di immagini e di video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.);

e prevede che:

•          in tutti i casi in esame, la misura della sorveglianza speciale sia applicata con le modalità di controllo elettronico di cui all’art. 275 bis c.p.p. (ossia mediante il cd. braccialetto elettronico), previa acquisizione del consenso da parte dell’interessato e verifica della fattibilità tecnica da parte del Giudice. In caso di mancato consenso, la misura non può essere inferiore a tre anni, con obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza con cadenza almeno bisettimanale e, salvo diversa valutazione, con obbligo o divieto di soggiorno. In caso di manomissione degli strumenti di controllo, la durata della misura non può essere inferiore a quattro anni;

•          il Tribunale, nel disporre la misura della sorveglianza speciale ai soggetti di cui sopra, imponga il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone alle quali occorre prestare protezione, e di mantenere una distanza non inferiore a cinquecento metri da tali luoghi e da tali persone, con possibilità di disporre specifiche modalità e ulteriori limitazioni quando la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per comprovate esigenze o per motivi di lavoro.

•          il Presidente del Tribunale, in pendenza del procedimento per l’applicazione della misura del divieto o dell’obbligo di soggiorno, possa disporre la temporanea applicazione del divieto di avvicinarsi alle persone da proteggere o a determinarti luoghi dalle medesime abitualmente frequentati e di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando la misura di prevenzione della sorveglianza speciale non sia divenuta esecutiva. Anche in tali casi si prevede l’applicazione del cd. braccialetto elettronico, con le conseguenze già evidenziate in precedenza in caso di diniego dell’interessato;

•          la violazione dei provvedimenti di urgenza è punita con la reclusione da uno a cinque anni e consente l’arresto anche fuori dei casi di flagranza. 

3)         Ampliamento delle ipotesi di reato previste come assolutamente prioritarie nella formazione dei ruoli d’udienza e nella trattazione dei relativi processi

L’art. 3 della L. n. 168/2023 interviene sull’art. 132 bis delle Disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (di seguito, disp. att. c.p.p.) prevedendo, nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione, la priorità assoluta dei processi relativi ai seguenti delitti:

–           violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.); costrizione o induzione al matrimonio (art. 558 bis c.p.), lesioni personali aggravate (art. 582 aggravato ai sensi dell’art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell’art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma); deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al volto (art. 583 quinquies c.p.); interruzione di gravidanza non consensuale (art. 593 ter c.p.); diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.); stato di incapacità procurato mediante violenza, laddove ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, e quando il colpevole ha agito con il fine di far commettere un reato, ovvero la persona offesa resa incapace commette, in tale stato, un fatto previsto dalla legge come delitto. 

che si aggiungono ai seguenti:

–           maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), di atti persecutori (art. 612 bis c.p.); di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.); atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.); di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.) e violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.)

già individuati come assolutamente prioritari nella formulazione previgente del citato art. 132 bis disp. att. c.p.p.

4)         Priorità ai processi relativi ai delitti di violenza di genere e domestica anche nella richiesta di misura cautelare personale e nella decisione sulla stessa. Rilevazione in ordine al rispetto dei termini previsti

L’art. 4 della L. n. 168/2024 stabilisce che – nei casi previsti dall’art. 132 bis disp. att. c.p.p., come integrato dal sopra citato art. 3 L. n. 168/2023 – deve essere assicurata priorità assoluta anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.

L’art. 7 introduce nel codice di procedura penale il nuovo art. 362 bis, recante misure urgenti di protezione della persona offesa.

In particolare, il citato art. 362 bis c.p.p. prevede che:

•          nei casi in cui si procede per i seguenti delitti, consumati o tentati, commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell’unione civile o del convivente o di persona che è legata o è stata legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti:

– tentato omicidio (artt. 56, 575 c.p.);

– costrizione o induzione al matrimonio (art. 558 c.p.);

– maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.);

– lesioni personali aggravate (art. 582 aggravato ai sensi dell’art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell’art. 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, c.p.);

– pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.);

– deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583 quinquies c.p.);

– interruzione di gravidanza non consensuale (art. 593 ter c.p.);

– violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione dui minorenne e violenza di gruppo (artt. da 609 bis a 609 octies c.p.);

– violenza privata (art. 610 c.p.);

– minaccia grave (art. 612, secondo comma, c.p.);

– atti persecutori (art. 612 bis c.p.);

– diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.);

– stato di incapacità procurato mediante violenza, nelle ipotesi aggravate (art. 613, terzo comma, c.p.)

il Pubblico Ministero, effettuate le indagini ritenute necessarie, è tenuto a valutare senza ritardo e, comunque, entro trenta giorni dall’iscrizione del nominativo della persona indagata nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure cautelari.

Il Giudice deve provvedere sull’istanza cautelare entro venti giorni dal deposito della stessa presso la cancelleria.

Ai sensi dell’art. 8 della L. n. 168/2023 – che interviene sull’art. 127 disp. att. c.p.p. – il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha l’obbligo di acquisire dalle Procure della Repubblica del Distretto, con cadenza trimestrale, i dati sul rispetto dei termini di cui sopra e di inviare, con cadenza almeno semestrale, una relazione al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.   

5)         Specializzazione dei Magistrati della Procura della Repubblica

L’art. 5 della L. n. 168/2023 interviene sull’art. 1, comma 4, del D. Lgs. n. 106/2006 – che riconosce al Procuratore Capo la facoltà di affidare a uno o più Procuratori Aggiunti o a uno o più Sostituti Procuratori dell’Ufficio la cura di specifici settori di affari – prevedendo che, in caso di delega, uno o più Procuratori Aggiunti ovvero uno o più Sostituti Procuratori siano sempre individuati per la cura degli affari in materia di violenza contro le donne e violenza domestica.

6)         Iniziative formative in materia di violenza contro le donne e violenza domestica

L’art. 6 della L. n. 168/2023, in linea con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul, prevede che l’Autorità politica delegata per le pari opportunità, anche con il supporto del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne, sentita l’assemblea dell’Osservatorio stesso, predisponga apposite linee guida nazionali al fine di orientare una adeguata ed omogenea formazione degli operatori che, a diverso titolo, entrano in contatto con le donne vittime di violenza.  

7)         Modifiche degli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari emessi dal Giudice in sede civile

L’art. 9 della L. n. 168/2023

•          modifica la pena prevista per il delitto di cui all’art. 387 bis, primo comma,  c.p. – che punisce la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare (di cui all’art. 282 bis c.p.p.), del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (di cui all’art. 282 ter c.p.p.) nonché di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (di cui all’art. 384 bis c.p.p.) – attualmente stabilita nella reclusione da sei mesi a tre anni, aumentando il massimo edittale a tre anni e sei mesi;

•          introduce nel summenzionato art. 387 bis c.p. un secondo comma volto ad estendere le previsioni di cui al primo comma anche a chi elude l’ordine di protezione previsto dall’art. 342 ter, primo comma, del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica, conseguentemente, il secondo comma dell’art. 388 c.p.

8)         Arresto in flagranza differita

L’art. 10 della L. 168/2023 introduce nel codice di procedura penale l’art. 382 bis, volto ad estendere l’istituto dell’arresto in flagranza differita ai casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.), di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.) e di atti persecutori (art. 612 bis c.p.).

In particolare, il citato art. 382 bis c.p.p. prevede che, nei casi di cui ai summenzionati artt. 387 bis, 572 e 612 bis c.p., “si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto”.

9)         Disposizioni in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare

L’art. 11 della. 168/2023 interviene in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare aggiungendo all’art. 384 bis c.p.p., che disciplina tale misura, cinque ulteriori commi.

In particolare:

•          il nuovo comma 2 bis prevede che, salvo quanto previsto dall’art. 384 in tema di fermo dell’indiziato, anche fuori dei casi di flagranza, il Pubblico Ministero dispone, con decreto motivato, l’allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.), maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), lesioni (art. 582 c.p.), limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate ai sensi degli artt. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma c.p. e atti persecutori (art. 612 bis c.p.) o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per cui la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa, e non sia possibile, a causa della situazione di urgenza, attendere il provvedimento del Giudice.

La procedura per la convalida di tale misura è disciplinata nei successivi commi da 2 bis a 2 sexies.

   10) Rafforzamento delle misure cautelari e dell’uso del braccialetto elettronico

L’art. 12 della L. n. 168/2023 interviene in materia di misure cautelari e di uso del cd. braccialetto elettronico.

In particolare:

•          la lettera a) del citato art. 12 modifica il primo comma dell’art. 275 bis c.p.p. prevedendo che, nel disporre la misura degli arresti domiciliari, anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il Giudice, salvo che non le ritenga necessarie, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, previo accertamento in ordine alla relativa fattibilità tecnica da parte della Polizia Giudiziaria. L’accertamento riguarda pertanto la “fattibilità tecnica” e non più la “disponibilità” ed è rimesso alla Polizia Giudiziaria e non più al Giudice. Come già evidenziato in precedenza, l’uso del cd. braccialetto elettronico è subordinato al consenso della persona da sottoporre alla misura e alla disponibilità della necessaria strumentazione;

•          la lettera b) prevede che, in caso di manomissione degli strumenti elettronici da parte del soggetto sottoposto alla misura, il Giudice dispone la revoca della misura in essere e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere;

•          la lettera c) apporta una serie di modifiche al comma 6 dell’art. 282 bis c.p.p. In particolare, integra l’elenco dei reati  – introducendo anche le fattispecie di tentato omicidio (artt. 56, 575 c.p.) e di deformazione mediante lesioni permanenti al viso (art. 583 quinquies c.p.) – la cui commissione in danno di prossimi congiunti o del convivente consente l’applicazione della misura dell’allontanamento dalla casa familiare anche al di fuori dei limiti di pena di cui all’art. 280 c.p.p., con le modalità di controllo previste dall’art. 275 bis c.p.p., di cui si è detto in precedenza, e con la prescrizione di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare e da altri luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tali casi, il Giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. Con il provvedimento che dispone l’allontanamento, il Giudice prevede l’applicazione di una misura più grave qualora il destinatario della misura non presti il consenso all’utilizzo delle predette strumentazioni;

•          la lettera d) apporta modifiche analoghe alla disciplina della misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa di cui all’art. 282 ter c.p.p.   

     11) Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive

L’art. 13 della L. n. 168/2023 deroga alla disciplina in materia di criteri di scelta e di condizioni di applicabilità delle misure cautelari coercitive, nonché in tema di conversione dell’arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva.

In particolare, l’art. 275 c.p.p., nella versione previgente:

–           escludeva la possibilità di applicare le misure cautelari della custodia in carcere e degli arresti domiciliari qualora il Giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena o qualora il Giudice ritenga che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni;

–           prevedeva che la suddetta esclusione non si applica ai reati ivi espressamente indicati , e, in ogni caso, quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi a tal fine necessari, così come indicati nell’art. 284, comma 1, c.p.p.

La lettera a) del citato art. 13 ha esteso l’elenco dei reati per i quali le misure cautelari della custodia in carcere e degli arresti domiciliari possono essere applicate anche qualora il Giudice ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, inserendovi anche i seguenti:

–           violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.);

–           lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, c.p.

La lettera b) del citato art. 13 aggiunge un ulteriore comma all’art. 280 c.p.p., che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure cautelari.

Ai sensi dell’art. 280 c.p.p., nella versione previgente, la prima delle condizioni per l’applicazione di una misura coercitiva, diversa dalla custodia cautelare in carcere, è che si tratti di un delitto punito con la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. Per la custodia cautelare in carcere, la soglia edittale è costituita dall’ergastolo o dalla reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Il nuovo comma 3 bis prevede che le disposizioni di cui all’art. 280 c.p.p. e quindi le soglie edittali ivi previste non si applichino nei procedimenti per i seguenti delitti:

–           violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.);

–           lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, c.p.

La lettera c) del citato art. 13, infine, interviene sulla conversione dell’arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva, ampliando la disposizione di cui all’art. 391, comma 5, c.p.p., anche ai casi di arresto eseguito per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis c.p.).

     12) Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive.

L’art. 14 della L. n. 168/2023 introduce modifiche in materia di informazioni da rendere alla persona offesa dal reato.

In particolare, la lettera a) del summenzionato art. 14 interviene sull’art. 90 ter (Comunicazioni dell’evasione e della scarcerazione), comma 1, c.p.p. al fine di estendere l’obbligatorietà dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica e di genere a tutti i provvedimenti de libertate inerenti all’autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato.

La lettera b) introduce, invece, due ulteriori commi all’art. 299 c.p.p. (Revoca e sostituzione delle misure) volti a prevedere che:

•          nei procedimenti per i delitti di cui all’art. 4, comma 1, lett. i ter del Codice antimafia, così come modificato dall’art. 2 della L. n. 168/2023, l’estinzione, l’inefficacia o la revoca delle misure coercitive di cui agli artt. 282 bis c.p.p. (Allontanamento dalla casa familiare), 282 ter c.p.p. (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 c.p.p. (Divieto e obbligo di dimora), 284 c.p.p. (Arresti domiciliari), 285 c.p.p. (Custodia cautelare in carcere) e 286 (Custodia cautelare in luogo di cura) o la loro sostituzione con misura meno grave sono comunicati all’Autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini dell’eventuale adozione dei relativi provvedimenti;

•          nei procedimenti per i delitti di cui all’art. 362, comma 1 ter, c.p.p. (Assunzione di informazioni), l’estinzione o la revoca delle misure coercitive e interdittive o la loro sostituzione con misura meno grave sono comunicati al Prefetto, che può adottare misure di sorveglianza dinamica a tutela della persona offesa, soggette a revisione trimestrale. 

      13) Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena. Riconoscimento e attività degli enti e delle associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato

L’articolo 15 della L. 168/2023 introduce modifiche al regime della concessione della sospensione condizionale della pena, prevista dal quinto comma dell’art. 165 c.p., che ha costituito una delle principali novità introdotte dal cd. codice rosso.

Nella versione vigente prima della riforma, l’art. 165, comma 5, c.p. prevedeva che la concessione della sospensione condizionale della pena per i delitti, consumati o tentati, di violenza domestica e di genere, fosse subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti e associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati.

Tale disposizione si applicava ai seguenti reati:

–           maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);

–           lesioni personali aggravate (art. 582 c.p.) e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni personali permanenti al viso (art. 583 quinquies c.p.) nelle ipotesi aggravate dell’art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell’art. 577, primo comma, n. 1, e secondo comma c.p.;

–           violenza sessuale (art. 609 bis c.p.);

–           atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.);

–           corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.);

–           violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.);

–           atti persecutori (artt. 612 bis c.p.).

Il primo comma del citato art. 14 interviene sul quinto comma dell’art. 165 c.p. disponendo che:

•          ai fini della sospensione condizionale della pena non è sufficiente la mera partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, ai percorsi di recupero, ma occorre che tali percorsi siano superati con esito favorevole;

•          il provvedimento che determina il venir meno delle misure cautelari precedentemente disposte, a seguito della sospensione condizionale della pena, deve essere immediatamente comunicato all’Autorità di pubblica sicurezza affinché valuti se richiedere l’applicazione di una delle misure di prevenzione previste dal Codice antimafia ;

•          qualsiasi violazione della misura di prevenzione eventualmente applicata deve essere comunicata, senza ritardo, al Pubblico Ministero presso il Giudice che ha emesso la sentenza di condanna, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena;

•          per l’individuazione degli enti o delle associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti condannati per reati di violenza domestica e di genere, nonché per gli specifici percorsi di recupero , il Giudice si avvale dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE);

•          qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante per la revoca della sospensione condizionale della pena.

Il secondo comma del citato art. 14 interviene sull’art. 18 bis disp. att. c.p.p., introducendo un comma volto a prevedere che:

•          la sentenza di condanna, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’UEPE, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e dia comunicazione dell’esito al Pubblico Ministero presso il Giudice che ha emesso la sentenza;

•          gli enti e le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all’UEPE di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero;

•          l’UEPE dia, a sua volta, immediata comunicazione al Pubblico Ministero ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena.

L’art. 18 L. n. 168/2023 prevede che, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il Ministro della Giustizia e l’Autorità politica delegata per le pari opportunità adottino un decreto interministeriale volto a disciplinare le modalità per il riconoscimento e l’accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati ad effettuare corsi di recupero degli autori di reati di violenza sulle donne e di violenza domestica.

Il Ministro della Giustizia e l’Autorità politica delegata per le pari opportunità devono inoltre provvedere all’emanazione di Linee Guida per l’attività di tali enti e associazioni.

      14) Indennizzo in favore delle vittime di reati.

L’art. 16 L. n. 168/2023 modifica la disciplina relativa alla domanda di indennizzo per le vittime di crimini intenzionali violenti di cui all’art. 13 della Legge n. 122/2016.

La Legge n. 122/2016 riconosce il diritto ad un indennizzo delle vittime di un reato doloso commesso con violenza alla persona. In caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l’indennizzo spetta al coniuge superstite e ai figli; in mancanza del coniuge e dei figli, l’indennizzo spetta ai genitori e, in mancanza di questi, ai fratelli e alle sorelle conviventi e a carico al momento della commissione del delitto. Al coniuge è equiparata la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso. In mancanza del coniuge, allo stesso è equiparato il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto.

L’indennizzo è riconosciuto per la rifusione delle spese mediche e assistenziali, ad eccezione dei reati di omicidio (art. 575 c.p.), di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), lesione personale gravissima (artt. 582-583 c.p.) e deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti del volto (art. 585 quinquies c.p.), casi nei quali l’indennizzo è riconosciuto, alla vittima o agli aventi diritto, anche in assenza di spese mediche e assistenziali.

L’art. 12 della Legge n. 122/2016 detta poi le condizioni per l’accesso al beneficio e il successivo art. 13 disciplina le modalità di presentazione della domanda e la documentazione a tal fine necessaria

       15) Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o degli aventi diritto.

L’art. 17 L. n. 168/2023 introduce e disciplina la possibilità di corrispondere in favore della vittima di taluni reati, oppure degli aventi diritto in caso di morte della vittima, una provvisionale, a titolo di anticipo sull’importo integrale che spetterà in via definitiva.

In particolare, la provvisionale in favore della vittima, o degli aventi causa in caso di morte di quest’ultima, prevista dall’art. 13 bis della L. n. 122/2016, introdotto dal summenzionato art. 17, si applica in caso di commissione dei seguenti delitti:

–           omicidio (art. 575 c.p.);

–           violenza sessuale (artt. 609 bis e 609 ter c.p.);

–           lesione personale gravissima (artt. 582 e 583, comma secondo, c.p.);

–           deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso (art. 583 quinquies c.p.)

quando i suddetti delitti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La provvisionale è corrisposta, su richiesta della vittima o agli aventi diritto che vengano a trovarsi in stato di bisogno ed è imputata nella liquidazione definitiva dell’indennizzo, a seguito di pronuncia di una sentenza di condanna o di applicazione della pena (cd. patteggiamento) anche non irrevocabile o di emissione di un decreto penale di condanna anche non esecutivo.

Le condizioni per l’accesso alla provvisionale sono quelle previste dall’art. 12, comma 1, lettere c), d) ed e), espressamente richiamato dall’art. 13 bis della L. n. 122/2016 e, precisamente:

–           che la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi;

–           che la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero che alla data di presentazione della domanda non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p. e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;

–           che la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo paro o superiore a quelle dovute in base alla legge.

Ai sensi dell’art. 13 bis della L. n. 122/2006, l’istanza per la provvisionale deve essere presentata al Prefetto della provincia di residenza o della provincia ove è stato commesso il fatto, corredata della documentazione ivi prevista.

Il Prefetto verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza.

Sull’istanza provvede il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati internazionali violenti, entro centoventi giorni dalla presentazione della stessa, acquisiti gli esiti dell’istruttoria del Prefetto.

-Conclusioni

Le misure individuate sono chiaramente volte a rafforzare gli strumenti di prevenzione, sia in ambito amministrativo sia in ambito giudiziario, e a realizzare una rete sinergica di interventi che vede il coinvolgimento di plurimi soggetti. Se, però, come evidenziato in premessa, il tragico fenomeno della violenza contro le donne trova fondamento in fenomeni culturali, meglio sub-culturali, ancora carente risulta l’intervento su questo piano. Pur apprezzando l’intento, non può poi sottacersi che la matrice preventivo-repressiva dell’intervento comprime significativamente diritti di rango costituzionale e desta, sotto tale profilo, qualche perplessità. Pur dando atto degli importanti stanziamenti previsti per l’istituzione, il potenziamento e il funzionamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti, qualche preoccupazione desta infine la clausola di invarianza finanziaria. 

Bologna, 1° Dicembre 2023  

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