Dina Galli e Francesca Mantovani, Lavoro sociale e migrazioni. Il ruolo delle reti dei servizi. Parma, Edizioni Junior, 2019, pp. 217.

Recensione di Tommaso Fratini

È questo uno dei primi libri che affronta i problemi delle persone migranti dopo l’ultima onda dei processi migratori. Il focus è incentrato sulla rete dei servizi di accoglienza nel nostro paese.
Il volume, che inaugura una nuova collana dedicata alla tutela, ai diritti e alla protezione dei minori, tratta il tema dei migranti dal versante dei diritti e del lavoro sociale. La narrazione prende le mosse dalla considerazione del fenomeno migratorio come problema ormai strutturale e non solo emergenziale. Un fenomeno epocale, quello dello spostamento e dell’affluenza dei migranti, destinato sempre di più a mettere in crisi gli assetti geopolitici e geoeconomici, e che riattiva nel cittadino medio italiano antiche paure e pregiudizi, come ad esempio quella che lo straniero sia portatore di malattie e causa di degrado, e che richiede necessariamente tempi lunghi di integrazione, per far fronte al dramma di persone che scappano da situazioni disumane nei propri paesi per salvarsi la vita.

Nel primo capitolo vengono prese in esame le problematiche dei nuovi migranti, tra cui i richiedenti asilo, i profughi, i clandestini, gli irregolari che dir si voglia. Viene sottolineato come essi siano perlopiù giovani, perché solo loro potrebbero avere il coraggio di affrontare viaggi e percorsi di fuga tanto rischiosi lungo la via del mare. Viene messo in luce il ruolo nel nostro paese dei centri sprar (sistemi di protezione per richiedenti asilo e minori non accompagnati), luoghi appositi per la prima accoglienza dei migranti. Essi hanno il compito di mettere in atto una presa in carico funzionale ad attivare un progetto di vita e di ricostruzione di sé nella persona che esprime un bisogno di aiuto e di integrazione. Da questo punto di vista il percorso di inclusione si estrinseca attraverso la funzione di una rete di servizi multidisciplinare, che chiama in causa la prefettura, gli enti locali, i comuni, le aziende pubbliche, e vede coinvolte figure di operatori come gli assistenti sociali, gli psicologi, i medici, gli operatori del diritto e gli educatori. Un posto particolare è assegnato al ruolo del colloquio, vis à vis, con lo straniero accolto, quale strumento principe che ha il compito di fare sentire la persona accettata e compresa. Il fine ultimo del processo di assistenza è quello di dare una speranza per il futuro alla persona arrivata nel nostro paese; speranza che non può che passare attraverso un buon processo di integrazione, che significa diventare membri a pieno titolo della società con pari diritti e opportunità degli altri cittadini.
Integrazione in questo senso non è soltanto assimilazione, perché l’individuo immigrato chiede di preservare la propria identità etnica, culturale, psicologica, ma è fuori di dubbio che essa non possa realizzarsi senza il raggiungimento di una autonomia economica, un lavoro, un’abitazione, l’apprendimento della lingua, la formazione scolastica e professionale. Come scrive una delle autrici, non si tratta solo di garantire il soddisfacimento dei bisogni primari di vitto e alloggio, ma di favorire un processo che porti al raggiungimento di una autonomia all’interno di una comunità.
Nel capitolo dedicato ai minori stranieri non accompagnati (msna) vengono commentate le implicazioni sul piano giuridico e sociale della legge Zampa del 2017. Essa viene elogiata come la migliore legge sui msna mai approvata in Europa, la quale sancisce, tra l’altro, il divieto di respingimento, il rimpatrio assistito e volontario, l’identificazione del minore e l’accertamento dell’età.
La legge valorizza la figura del tutore volontario come quella di un cittadino adulto che si fa carico del minore, garantendo assistenza, tutela di diritti davanti alla legge e accoglienza di bisogni, in una fase della vita nella quale il minore è chiamato a una duplice transizione, dall’adolescenza all’età adulta e dal paese di origine al paese ospitante.
Nell’ultimo capitolo vengono affrontati i problemi delle famiglie immigrate residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno. Anche in questo caso i problemi sono molti e non da poco, legati come sono alla povertà, al potenziale senso di perdita delle proprie radici, alla confusione dovuta alla transizione, alla difficoltà dei genitori di farsi carico dei figli in simili condizioni. Questioni cruciali come la chiusura delle aziende, la perdita del lavoro, la scarsità degli ammortizzatori sociali sono tutti fattori che in questi anni hanno complicato il processo d’integrazione del cittadino immigrato nel nostro paese rendendolo più faticoso e doloroso. Un tema che si pone inevitabilmente è anche il fenomeno del maltrattamento dei figli e delle donne, in famiglie nelle quali i genitori, i padri soprattutto, già oberati dalle difficoltà del vivere, non sono spesso in grado di esercitare una presa in carico adeguata della prole e di affrontare un rapporto con le proprie compagne. Anche qui emerge il ruolo degli operatori e dei mediatori culturali, chiamati ad esercitare e ad espletare funzioni complesse di aiuto e sostegno alla genitorialità e di mediazione tra la famiglia e la comunità.
Il volume si chiude con una chiosa finale. Il libro è stato terminato con l’evento delle elezioni politiche del 2018. I governi precedenti di centrosinistra, sia pure tra tante difficoltà, avevano operato bene, è questo il giudizio implicito delle autrici, nell’affrontare a diversi livelli i problemi posti in essere dai fenomeni migratori. Saprà l’attuale governo in carica fare tesoro di questa esperienza e proseguire su questa strada in funzione dell’inclusione sociale? È una domanda per ora priva di risposta.

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