Come spiegare il terrorismo  ai ragazzi? Come raccontare i tre giorni di follia che hanno messo sotto attacco Parigi, la Francia e l’Europa ai più piccoli e dire loro che i fratelli Kouachi hanno fatto strage di vignettisti, autori di disegni, un linguaggio, quello dei fumetti, così vicino ai ragazzi?

“In un momento storico di estrema complessità ed instabilità, quale quello che caratterizza l’attuale società su cui grava il rischio di attentati terroristici, appare più che mai urgente creare intorno ai bambini e agli adolescenti un contesto famigliare e scolastico stabile, sereno ed in grado di supportarli cognitivamente, emotivamente e psicologicamente. Il rischio che bambini e adolescenti possano vivere tale situazione in modo confuso, sviluppare paure o formulare giudizi inadeguati e stereotipati, può essere affrontato non solo fornendo loro il supporto e gli strumenti più adeguati per gestire la minaccia di un tragico evento, ma cercando anche di rileggere questo particolare momento di emergenza mondiale come spunto di riflessione in virtù del quale fornire a bambini e adolescenti gli strumenti necessari per comprendere e gestire le proprie emozioni.I mass media possono accrescere le conoscenze dei bambini sulla violenza, sugli attentati e sulle ipotesi di conflitto: per questo è di fondamentale importanza che gli adulti di riferimento aiutino i bambini nella decodifica di tali messaggi, delle immagini come dei contenuti trasmessi dalla televisione, dai giornali o da Internet. Non si deve dimenticare che l’ ”educazione all’immagine”con tutto ciò che essa comporta, non può essere lasciata all’improvvisazione dettata da un momento di emergenza come questo. La tutela dei bambini dall’aggressività/violenza delle immagini e dei contenuti da esse veicolati, devono, inoltre, rappresentare un valore da perseguire quotidianamente. La “relazione” diventa, in questo contesto, un elemento chiave; in particolare la relazione educativa rappresenta la più significativa reazione di contrasto alla potenza dei codici e dei linguaggi che la televisione propone, semplificando la realtà ed imponendo un livello di lettura che imprigiona spesso il pensiero e le emozioni, non consentendo lo sviluppo di riflessioni critiche autonome. Proprio in relazione alla attuale situazione di emergenza politica e sociale, aiutare i bambini e i ragazzi a decodificare le immagini ed i messaggi diventa determinante per aiutarli a capire e gestire le loro emozioni e le loro preoccupazioni. Si tratta di momenti ed occasioni capaci di rafforzare la relazione tra genitori e figli, tra insegnanti e studenti. I bambini, in generale, presentano durante le varie fasi evolutive molte domande e curiosità cui gli adulti possono e devono fornire una risposta: senza dubbio tra le domande più difficili compaiono quelle riguardanti la guerra, il terrorismo e le paure che ne derivano. Nel momento in cui le notizie iniziano a circolare e ad essere divulgate dai media, genitori ed insegnanti (più in generale gli adulti di riferimento del bambino) possono domandarsi quanto sia opportuno proteggere i bambini dalla realtà – cercando di nasconderla – piuttosto che confrontarsi con loro, ascoltarne domande, dubbi, opinioni, sentimenti e paure. Può risultare difficile decidere cosa sia meglio affrontare, in che modo, quali contenuti omettere, che tipo d’informazioni fornire ai bambini e quale possa essere la maniera migliore di trattare e sostenere i bambini, soprattutto nei momenti di maggior confusione ed ansia anche nel mondo adulto. E’ utile ricordare che l’adeguatezza di una determinata spiegazione o di un atteggiamento dipendono da diversi fattori quali l’età del bambino, il carattere, il tipo di esposizione all’evento, le esperienze personali e sociali pregresse ed altri fattori situazionali. Per quanto concerne l’età, i bambini in età prescolare risultano essere quelli maggiormente disturbati e influenzati da ciò che vedono, ascoltano e percepiscono del mondo esterno. Non avendo ancora appreso la capacità di discernere la realtà dalla fantasia,inoltre, possono presentare maggiori difficoltà nella gestione della paura e dell’ansia generata dalle notizie pervenute. Possono essere profondamente colpiti dalla tragicità delle notizie, così come possono arrivare a confondere lo spezzone di un film di guerra con una notizia reale trasmessa dal telegiornale e credere che gli elementi riportati in una notizia siano peggiori di quanto siano in realtà. Possono non essere in grado di valutare adeguatamente il grado di rischio e di coinvolgimento personale, arrivando a credere che anche fatti lontani possano toccarli da vicino e nell’immediato. La confusione tra realtà e fantasia che le immagini televisive possono determinare, così come la relativizzazione delle categorie spazio-temporali, di fronte ad una notizia riproposta più volte dai telegiornali,possono indurre il bambino a ritenere che un episodio di violenza o un terremoto siano “realmente” accaduti più volte, cosa che alimenta ulteriormente il suo stato di ansia e le sue paure. I bambini in età scolare, pur avendo acquisito la capacità di separare la realtà dalla fantasia, possono presentare alcune difficoltà a farlo in situazioni di forte stress. Non essendo ancora in grado di effettuare autonome elaborazioni dei fatti che accadono intorno a loro, inoltre, possono risultare estremamente influenzati dalla reazione emotiva degli adulti che li circondano: un genitore ansioso relativamente al tema della guerra, inevitabilmente, trasmetterà la propria ansia al figlio.A questo proposito occorre ricordare che genitori ed insegnanti costituiscono i principali modelli di riferimento per un bambino che li osserva e ne studia le reazioni, per cercare di capire cosa pensare,come comportarsi e reagire di fronte ad eventi improvvisi e sconvolgenti (come una guerra, o un attacco terroristico). Così, non essendo in grado di comprendere il significato di un attentato o di una guerra, può capitareche i bambini si concentrino esclusivamente sugli aspetti “tecnici” della situazione, chiedendo continue spiegazioni degli avvenimenti ed esprimendo il desiderio di parlarne, celando in merito le proprie paure. Gli adolescenti, avendo acquisito competenze cognitive ed emozionali utili ad affrontare eventi tragici e violenti e vivendo in una fase di forte individualizzazione possono sentirsi coinvolti nelle vicende umane e politiche relative ad una guerra: questo potrebbe accrescere in loro il desiderio di prendere una posizione a riguardo, di discuterne e parlarne con i coetanei, con insegnanti, educatori, etc. Risulta peculiare di questa fase evolutiva la continua necessità di sfidare, anche in queste occasioni, le opinioni degli adulti e la loro visione del mondo, tendendo in generale a ricercare soluzioni estreme (se non a volte semplificate ed ideologiche) sia nei pensieri, che nei sentimenti e nelle azioni. Possono aderire ad ideologie forti e lottare nell’affermazione delle proprie ragioni, con il rischio che la rabbia possa sfociare in odio, la tristezza in depressione.Abbiamo visto che non avendo ancora sviluppato un’autonoma capacità di gestione della paura, della confusione e del conflitto, i bambini dipendono in maniera quasi totale dagli adulti di riferimento. La loro reazione dipende, comunque, anche dalla personalità, dal carattere,dal temperamento e dalle situazioni in cui si viene a trovare. Alcuni bambini sembrano più inclini a provare emozioni persistenti di paura e di ansia. Questa inclinazione, naturalmente, può essere acuita dalla notizia di una guerra, aumentando in loro una preoccupazione per il possibile verificarsi di un attacco missilistico, del lancio di bombe, di attacchi terroristici anche nella propria città, tali da colpire la propria casa, la propria famiglia: non bisogna dimenticare che bambini e adolescenti tendono a personalizzare le notizie che sentono, riferendole alla propria vita privata e sociale. Altri, con una struttura di personalità più forte, possono affrontare il disagio e la paura causati dalla notizia di una guerra o di un attentato presentando ansia e difficoltà emotive più contenute. Alcuni bambini possono sembrare “immuni” rispetto alla sofferenza e all’ansia derivante da una notizia drammatica quali quelle relative ad un attacco terroristico, ad una catastrofe o ad una guerra.Questi ultimi possono risultare apparentemente “anaffettivi”, o “insensibili” di fronte alla continua fruizione delle notizie mediatiche. Questa situazione richiede una particolare attenzione: la mancanza di emozioni può essere un segnale di rifiuto di fronte a qualcosa che viene percepito come estremamente disturbante ed ansiogeno.La letteratura psicologica e gli studi sugli atteggiamenti riportano alcuni risultati interessanti in proposito: immagini “forti” e particolarmente disturbanti, così come messaggi persuasivi che utilizzano la “paura”, spesso non vengono percepiti grazie ad un meccanismo di selezione delle informazioni. Si tratta, ovviamente, di un normale processo di difesa che lascia trasparire, in ogni caso, una profonda preoccupazione ed ansia di cui il bambino non vuole prendersi carico. Ciò non significa che non debba farlo l’adulto capace di leggere le emozioni che possono sottostare ad un rifiuto, anche le più inconsapevoli..E’ utile ricordare, inoltre, che i bambini percepiscono e sentono i sentimenti di paura, ansia e angoscia che provano gli adulti; per tale ragione è fondamentale che i genitori e gli insegnanti instaurino con i bambini/ragazzi un confronto adeguato e sincero rispetto agli attuali accadimenti, imparando ad affrontare con loro le paure legate alla guerra, agli attentati terroristici e alle catastrofi in generale. In un momento di profondo disagio e di reale stress causato dagli eventi, genitori ed insegnanti dovrebbero cercare di affrontare nel modo più sereno – per quanto possibile – il discorso con i bambini: é necessario che gli adulti aiutino i bambini a sentirsi sicuri e“salvi”, a maggior ragione nel momento in cui il mondo sembra aver perso le sue caratteristiche di stabilità e sicurezza. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, affrontare il discorso della guerra o di un attacco terroristico  con un adulto può consentire al bambino/adolescente di capire e valutare meglio i fatti e le notizie. A questo proposito, i bambini (ma anche gli adolescenti) necessitano soprattutto di essere informati in maniera adeguata e sincera. Inizialmente, sarebbe auspicabile cercare di capire di quali informazioni il bambino dispone, valutando gli elementi e le informazioni possedute. Proprio a partire dai racconti del bambino – relativi alle sue paure e agli eventi che più lo spaventano – e dalle sue domande sarà possibile scegliere di cosa parlare e in che modo. Naturalmente é importante adeguare le informazioni (la quantità di dettagli, il tipo di parole usate ed il tono del racconto) a quanto il bambino, a seconda dell’età e delle capacità acquisite, è in grado di comprendere, al tempo stesso cercando di infondergli un senso di fiducia nelle persone che lo circondano: nei suoi genitori, negli insegnanti, nelle figure deputate alla protezione dei cittadini.”( da “Quaderno “Bambini e adolescenti di fronte alle paure- Telefono Azzurro)

Subito dopo l’attentato in Francia, per aiutare i genitori a parlare con i figli di quanto accaduto  (oltre che per rendere omaggio alle vittime dell’attentato), Mon Quotidien, quotidiano per ragazzi, è uscito con alcuni numeri numeri speciali dedicati a come spiegare la strage ai bambini, da scaricare gratuitamente dal bellissimo sito http://www.monquotidien.fr/.

In allegato i numeri dei quotidiani per ragazzi del 9 gennaio 2015

lpq_charlie (6-10 anni)

mq_charlie (10-14 anni)

actu_charlie (14-17 anni)

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